al politico
reo, sonore col culo
facciam trombette
martedì 18 dicembre 2012
lunedì 17 dicembre 2012
Pensieri a mandorla
e poso un sogno
sul guanciale del giornoogni mattina
oppure:
riposa un sogno
sul guanciale del giorno
ogni mattina
giovedì 13 dicembre 2012
mercoledì 12 dicembre 2012
Mani bucate
“Hai le mani bucate”, mi gridava
contando quattro spiccioli di rame
eppure aveva gli occhi lucidi di gioia
che scapestrato, le piacevo assai.
Ora dai buchi non passano monete
cadono rammenti ch'erano la vita
ho perso tesori che avevo in mente
forse per questo che non m'è
riuscita.
Vago con le mani sprofondate in tasca
sbiancano le nocche, stringo sentimenti
non sarò il meglio ma son di
questa pasta.
martedì 11 dicembre 2012
Risanguinano ferite ancora
È il tempo in cui più
incupisce
il rosso nel tramonto
e lentamente affonda nella notte
che, a sprazzi, senza luce
biancheggiano ossa di rimpianto
scarnificate dai lembi di passato
mai sopito davvero.
E, non sono mai pronto
quando risento quel nodo nella strozza
perché non ricucii al meglio
le ferite che mi seppi infliggere.
Così risanguinano, ancora.
martedì 4 dicembre 2012
Ricordi di Natale
Scintillano, per un momento
come ninnoli appesi ai rami dell'abete
minimi ricordi, illuminati d'improvviso
con un click, dalle lucine
dell'addobbo.
Si specchiano sugli incarti dei regali
sparsi in elegante disordine per terra
memoria d'una gioia, un'allegria
nel giorno deputato
il dì di festa, intorno alla
famiglia.
Son tutti di là da una finestra
chiusa
odo appena il vociare dei fanciulli
il treno muove, deve andare
neanche stavolta, riuscirò a
restare.
Se ne andrà con un sospiro
Se ne andrà con un sospiro
forse neppure
gli occhi si faranno di vetro
vorrei appena un sorriso
stampato sulle labbra.
Se non pianti, non semini
non costruisci
puoi andartene quando vuoi
nessuno piange.
Ho scritto le quattro cose
che mi porterei
le cento che non ho
le dimentico facilmente
mentre faccio questo lungo marciapiede
e conto i giorni che seguono i giorni
senza trovare il punto giusto
per attraversar la strada.
Sento ancora una porta
che non s'apre
se riuscissi a passare oltre questa
andandomene via senza niente
se mai lascio qualcosa
è nella vita degli altri,
sperabilmente.
La strada sta lì davanti, da
tanto
è come il vecchio specchio che
conosco
forse c'è qualcuno per me,
dall'altra parte.
Politica italiana e maccheroni ciociari
(dialetto d'accatto)
Ce sei annato a votà. Pe' questo
o pe' quello?
'n ce sei stato? Nun sei demogratico. A
bello!?
Ma che stai addì! Nun ce fai
gnente co'le votazioni.
Eggià! Allora pecchè se
fanno sempre l'elezioni?
Per conta' quanti so' quelli che ce
credono. I cojoni.
Stai proprio messo male, amico mio
nun c'hai er senso de lo Stato
comunardo
si nun ce vai, dai tutto in mano a
quarche bastardo
che te se inchiappetta se giri lo
sguardo
e nun te basterà raccomannatte a
Dio.
Nun je vojo mette in mano lo strumento
pe' famme alle spalle quello che je
pare
na' vorta che sta 'ssedè ner
parlamento
nun te se fila ppiù...che c'ha
sempre da fare
vedi tu se me vojo creà 'sto bel
tormento.
Stamme a senti' amico mio bbello
sto monno l'avemo da pijà come
fà quello
co' 'na canzona trista e un ritornello
e quarcheduno l'ha da fa er menestrello
si canta male un carcio, si no, tanto
de cappello.
mercoledì 28 novembre 2012
Le ultime stelle del sogno
Devi sapere quel che vuoi per te
quello che ami tanto per davvero
sennò vivi disperso nell'immenso
e non c'è luce se il pensiero è
perso.
Ho paura di dover tornar bambino
a morire semplicemente consolato
voglio ricordare s'era così
bello
avere un cielo terso, immacolato
aperto a tutti i sogni che potevo
se cosciente scelsi questo o quello
oppure capita così, senza
saperlo.
Come le stelle, sono sempre quelle
di allora, d'oggi e così domani
non scegli il firmamento che ti piace
non costruisci l'immenso con le mani.
Spariranno, si dice, un giorno lontano
per ricomparire diverse in altro mondo
altrove, in altri cieli, per altri
occhi e mani
a stimolare ad ognuno un altro sogno.
Loro vedranno le stelle, quelle che
vidi io
senza contarle si faranno, come me,
rapire
forse per sempre, tornandole a sognare.
lunedì 26 novembre 2012
Arrossire di tramonto
Non so più il sapore, e c'era
dei primi baci presi e dati
quando l'oggi era primavera;
resta un ricordo, come un sogno
presto m'allontanai da quello stagno.
Ci misi in mezzo un mare, di tempo
per abbracciare più vasto
l'orizzonte
vivere sembrò attraversare un
ponte
lasciarsi tutto alle spalle una ragione
gli occhi far vela cercando
un'emozione.
Il sovvenir dell'inutilità dei
giorni
morde le labbra a sangue per i rimorsi
mentre arrossisce le gote di tramonto.
venerdì 23 novembre 2012
Quelli che possono (potere)
Affilata vieppiù la ghigliottina
fanno sfilare sorrisi e sono crepe
nella cintura del loro fortilizio
ma non lo faranno mai crollare.
E' baluardo antico, tramandato
atavico spalto contro la speranza
di libertà naturale, che sempre
alberga
nei nati da donna, sulla terra.
E conculcarla potranno ognora
col bastone, un fucile, una verga
virile
oppure col buio della mente, l'inedia
la privazione d'uno spazio appena
civile.
Da sempre hanno laido buon gioco
poiché per natura, noi, stiamo
abbracciati
a coloro che non vogliamo abbandonati.
Ancora vorrei
Vorrei esser più lontano
dai tanti acerbi desideri ch'ebbi.
Vorrei fossero più vicini e
maturi
i frutti attesi della vita.
Vorrei che la risacca cheta
che ora mi culla indifferente
passando tra le morte conchiglie
carezzasse le mie dita nude
abbandonate nella corrente.
Che le ciglia socchiuse ad arte
frenassero il correre del tempo
ancora vorrei.
martedì 20 novembre 2012
Coi fiori in bocca
Avrò fiori nella bocca
per parlarti da vicino
e petali di labbra
per baciarti il viso.
Piume le mani
per tutta carezzarti
caldo l'abbraccio
per dolcemente
accoglierti.
sabato 17 novembre 2012
Intimità
Non è per le mie pene
che sto solo
è più alto il posatoio
su nel vento.
Guardo stracci di nuvole
correre nel niente
disperdersi silenziose
nel rosso vivo là
dell'orizzonte.
venerdì 16 novembre 2012
Una crisi, una speranza
Nessun dorma, è regime
gridate con me cittadini
non ci ruberete l'anime
o la speranza pei bambini
seppur piaghe acerrime
c'imporrete e abomini.
martedì 13 novembre 2012
Negritudine
Come clangore assordante d'un treno
la vita ti scorre accanto presente
lacera pacati pensieri e temo
nessuno si curi dell'altro o sente
come non sia il freddo che infiora i
vetri
quel che gela l'anima della gente.
Svegliatemi da questi sogni tetri
demoni bianchi rattristare negri.
venerdì 26 ottobre 2012
Andare
Sempre soppeso sulle spalle
un larvale pensiero amaro
insistente, d'una vecchiezza
che mi vuole conquistare
e assaporo il gusto di accelerare
rubando della pace la ricchezza
quell'evento unico, o raro:
di obliar la vetta, di precipitare a
valle.
Solitario caffè
Faccio il solitario
ogni mattina
di quelli con le carte
che credevi?
E tuttavia
qualcosa l'hai capita
le stendo proprio su
una cara foto sbiadita.
Son anni che ci provo
non mi viene
alle volte per poco
altre meno
e non mi arrabbio più
ci prendo il caffè amaro
mi conviene
troppa glicemia
già scorre nelle vene.
giovedì 25 ottobre 2012
Nell'umid'ombra
È di spazio cromatico diverso
il colore tenue dei ciclamini
dicono di se più d'altri fiori
figli per lo più di primavera.
Quando l'autunno scuote le piante
per farsi la coperta di mezza stagione
spuntano a gruppi folti in rosa
tra il bruno delle foglie che son lì
cadute a frotte a far soffice letto
per quelle che tardano a cadere.
Bucano la monocromia del sottobosco
si spandono sui greppi ascosi, molli
e nell'umid'ombra tiepida del canalone
a rammentare della vita, la canzone.
martedì 23 ottobre 2012
Prontiii....via!
Non mi vorrò vedere in fin di
vita
che non mi piacerò in quella
guisa
cullo la speme d'esser bene acconcio
al viaggio pronto senza sapere il
giorno.
lunedì 22 ottobre 2012
Spogliare il passato
Mi spoglio ogni dì degli abiti
che porto
sgualciti, lisi, per come l'ho
indossati
peregrino da un vecchio a un nuovo
porto
appiccicati all'ansia e vieppiù
sudati.
Non c'è sapone che lavi la
tristezza
non acqua che allevi la malinconia
solo un momento di gioia, un'ebbrezza
darebbe senso a quel che ho di
nostalgia.
Vorrei mettere sulla nuda pelle
un gran mantello color arcobaleno
e se un passante mi trovasse alieno
gli mostrerei una sguardo sognante
come d'uno che ha già fatto il
pieno.
Avvolto stretto per volare in sogno
dietro a carezze, baci e tutto quanto
perché io sento di volerne dare
tanto
dell'amore che resta, dammene
altrettanto.
martedì 16 ottobre 2012
Innamoramento
Vorrei carezzarti seppure per incanto
che langue il corpo mio, dei tanti
desideri
d'avere il tuo, profumato tepore, qui
daccanto
e cavalco le immagini di te, come
corsieri.
Non rifuggo la voce dei sensi, mi ci
ammanto
sono come brezze, sebbene effimeri
pensieri
scaldano il cuore, che non s'abbandoni
al pianto.
Bella, benefica fede, che amor sempre
conduci
visita il mio sogno, perché ci
trovi accanto
e le dirò quel che provo, senza
rimpianto.
venerdì 12 ottobre 2012
La nebbia su pe'i colli
M'è caro catturar con gli occhi
all'alba salire tra gli aspri colli
le nebbie a cotonarsi nelle valli
e quatte ad aspettar che il sole
ne sollevi il peso per portarle
altrove.
Scendono fitte silenziosamente
ad appendersi di notte negli anfratti
veli che pare celino anime spente
mentre ci vaga il selvatico prudente.
Lasceranno col giorno umide zolle
perle di rugiada su rametti e fronde
un profumo di pioggia che si coglie
mentre evapora al cielo dalle foglie.
martedì 9 ottobre 2012
Non s'è ancora visto
Neanche
oggi s'è ancora visto, Dio
avrà troppo da fare, a parer mio
c'ha sempre un benvenuto o un addio
non può dare importanza al gorgoglìo
al rimescolamento di grida al balenìo
che la gente fa dicendo: grazie a dio
c'inzuppano tutti, e c'inzuppo anch'io.
avrà troppo da fare, a parer mio
c'ha sempre un benvenuto o un addio
non può dare importanza al gorgoglìo
al rimescolamento di grida al balenìo
che la gente fa dicendo: grazie a dio
c'inzuppano tutti, e c'inzuppo anch'io.
sabato 6 ottobre 2012
In motocicletta
Una gita, appena fuori porta
lei sul sellino posteriore, scomodo
per brevi gite, a bell'apposta.
Stretta a me, schiacciava il seno
sulla mia schiena curva e, forte
stringeva la mie natiche tra le cosce.
Sentivo che rideva più si
muoveva
mimava una copula, lo sai che mi
piaceva?
mercoledì 3 ottobre 2012
La giacca sudata
Passavo accosto all'attaccapanni
ogniqualvolta mi rimproverava
volevo afferrare se c'era un nesso
tra il mio essere e la sua irritazione
speravo l'avrei capito dall'odore acre
della sua giacca appesa lì,
sudata.
lunedì 1 ottobre 2012
Senza afferrarlo, il vento
Somigli a tutte le cose che penso
come Gala per Dalì era presente
bei pensieri palesi oppur nascosti
siano voli, sian passi controvento
sei ciò che vorrei e così tanto costi.
domenica 30 settembre 2012
undicisillabe
setoso il crine vellica il mio petto
scende la bocca ad umettar la pelle
ansimo e cresce il battito del cuore
oh! se mi baci così, stavolta
muoio.
venerdì 28 settembre 2012
Angiporto
(le pupille verticali)
Se non viene neanche stasera...vaffa'n...tutti i vagabondi del mondo. Cavolo, mica sono un due di briscola. D'accordo, io ho tentennato un sacco, l'ho fatta lunga perchè non mi piaceva il posto, l'ora, su come arrivarci e specialmente su chi...ehm!...avrebbe sostenuto le spese. Ma avevamo deciso, alla fine, tutto convenuto con reciproca soddisfazione, pareva.
Sai cos'è?
È che io mi rivelo facilmente. Si accorgono subito che ho
paura delle novità e faccio per un nonnulla, difficoltà.
Che sospetto di tutto, che ho incertezze e sempre insisto su
richieste di garanzia, impegno, serietà, specialmente per il
prosieguo. Loro si scocciano, spesso.
Ora, sono tre
sere che vengo qui, dove avevamo detto, a quest'ora del cazzo, in
questo posto in fondo al mondo, che puzza di piscio e di pesce
marcio, senza sapere neanche com'è. Neppure se ha la coda o
no, solo la voce, bassa, gradevole, direi. Ci siamo sentiti nel buio
di uno scantinato, in mezzo a tanti altri che si davano da fare. Poi,
ad un allarme, un fuggi fuggi generale e l'impegno di vedersi qui.
Forse ci sarebbe voluto un po' di tempo per pensare meglio. Vabbè...
Speriamo sia una
gradevole sorpresa per entrambi, neanch'io ho chiaramente dato tutte
le coordinate su me: ahahahahahah! Mica gli ho detto se ho la coda o
no! Ma il bello degli incontri sta anche in questo, no? Oddio, non è
che sia sempre andata benissimo, con questo sistema: Ce l'ho anche
prese, più d'una volta.
Chissà se
sono vere quelle cose di sé che mi ha raccontato. In verità
mi sembrano esagerazioni: barche a vela e motoscafi d'altura...isole
caraibiche...tropici..., ma dai! Ci vorrebbero sei vite, anzi sette,
tutte insomma. Vabbe', si vedrà. Anch'io con quella storia
dell'Orient Express... Semmai sarà uno dei tanti incontri di
stagione.
Se ci scappa una
storia bene, se no...questi vicoli son pieni di randagi per la vita.
E c'è sempre un'altra stagione per provarci.
Arriva
qualcuno...Oh! Un tipo aitante...ha una bella coda lunga, bella tesa,
verticale e a..?.
Ha fatto la
spesa, porta un piccione, di quelli di Piazza Duomo, immagino.
Gagliardo.
Cominciamo bene. Mi piace.
Avessi gettato l'ancora...
Avessi gettato l'ancora allora
quando mi parve di stringere
tra le braccia il mondo
quando nulla poteva accadere
ch'era del mio colore tutto intorno.
Invece presi l'agio di percorrere
facili rotte in lungo, largo in tondo
per riempire giorni sempre corti
sentendo l'ansia di non vivere
profondo.
Ora ad ogni vela o fiocco lacerato
provo a tornare alla cala di partenza
per nostalgia d'un sogno accarezzato
nell'acqua frescha cheta, in
trasparenza.
La bitta al molo è tutta
arrugginita
sconnessi i massi dell'approdo avito
la sosta è dura, speravo
ingentilita
il vento non è brezza, è
più accanito.
Non è più tempo di
abbrivare al largo
le forze son scemate, poco il coraggio
un viaggio, forse due, prima che arrivi
il sonno della mente, come un letargo.
mercoledì 19 settembre 2012
Navigare in solitario
Legni seccati, l'albero e'l fasciame
mandano sempre suadente la canzone
di sordi scricchiolii e di tensione
ad ogni folata che il maestrale
soffia teso e forte sulla vela
facendo andar la barca di bolina.
Prendere il largo al meglio
nell'aria fredda pulita di mattina
la foschia profuma ancora di rugiada
e il sole cerca piano uno spiraglio.
L'acqua che sciaborda alla fiancata
par gorgogliare un saluto e invitare
a dar di drizza e scotta per cazzare
prendere il vento giusto a navigare.
L'animo s'apre al mondo in solitario
che t'entra dentro senza far pressione
cerca negli anfratti del cuore un posto
per snocciolare in pace il suo rosario.
martedì 18 settembre 2012
Una biografia per nulla
Quanta storia in piccoli giorni
ha scritto la mia ansia nella vita
da infantili paure al seno consolate
battiti puerilmente irrefrenabili
in solitari tormenti placati appena.
Esibizioni rituali d'avvenenza
sfoggi giovanili d'abilità e
potenza
intorno a gonnelle spesso indifferenti
e pacato poi un rito d'un accasamento.
Emozioni di nascite dai lombi generate
di crescite speranzose a ricchi voli
volte
progetti e contrasti partenze e ritorni
e calme tranquille sere in riva al mare
su orizzonti arancio fregiati in rosso
le grinze indifferenti a percorsi nuovi
la cercata stabilità che si posa
pesante
annunciandosi l'avello in pietra grigia
già pronto, predestinato, e così
sia.
Eubulide, di striscio
Si prese un po' di
vacanza da lei, quando le disse, Sai, non ti amo!
Detto così pareva
che l'avesse amato. C'era da crederle? E quando era sincera, al tempo
in cui pareva l'avesse amato, oppure adesso che diceva di non amarlo?
Pensò che non
l'avesse amato mai ed era in dubbio tra l'essere stato ingannato
allora o adesso, che lei, forse, aveva un altro da amare e le mentiva
per poterlo lasciare.
Perché crederle
ora, in ogni caso, equivaleva ad ammettere che le aveva creduto
allora e non gli piaceva l'idea di essere stato imbrogliato o di
essersi sbagliato a giudicare i sentimenti di lei che, ora ripensava,
non diceva spesso, Ti amo.
Mentre sfogliava l'album
delle fotografie di quella storia, molte gli parvero fasulle, come di
due che si mettono in posa per far contento l'amico che le scatta e
vuol mostrare quanto buona sia la sua macchina fotografica. E,
tuttavia, aveva bei ricordi di quei momenti o no? Adesso finiva per
non ricordare
Ma la Kodak non mente.
Che ne sa delle bugie. Fissa i sorrisi che vede col suo occhio di
cristallo e sbatte l'immagine sulla gelatina della pellicola, così
com'è.
Chi mai potrà dire
se quelli della foto erano sinceri o mentivano. Qualcuno che ha letto
di psicologia, potrà dare spiegazioni osservandole le pose e
gli atteggiamenti ma, in fondo, non si saprà mai la verità
vera.
venerdì 14 settembre 2012
Sangue salmastro
Lungo la costa viveva una
popolazione marinaresca, perlopiù di pescatori, che della
navigazione marittima aveva, al massimo, frammentarie nozioni
trasmesse oralmente dall'ultimo Portolano del Ministero ma, nelle
vene, sangue salmastro.
Bisognava prendere il
largo nel chiarore metallico di prima che albeggi, per salpare le
reti, che la luce solare, rischiarando l'acqua, consentiva a
molluschi e crostacei, di raggiungere facilmente e cibarsi dei pesci
rimasti imprigionati e morti tra le maglie.
Sempre la bruma, in ogni
stagione, gli bagnava il viso, imperlava le ciglia e sopracciglia e i
primi raggi tiepidi del sole, cristallizzavano microgrumi di sale su
quei peli che luccicavano, come cosparsi di polvere di vetro.
Stava chino a poppa, alla
barra, vicino ai comandi del diesel, che borbottando monotono,
spingeva il gozzo su e giù per l'onde, fino alle tre miglia
dalla riva, dove erano stati calati i "tramagli" per la
pescata della notte.
Non amava il mare, nel
modo e senso di quelli che lo fanno dalla spiaggia ma, da sempre, era
la sua vita. Quasi il suo elemento, anche se non ci si immerse mai
per capriccio o divertimento. Per bisogno si e con sicumera, quando
c'era da liberare l'elica dalle alghe o qualche rifiuto inciampato
durante la navigazione. Era il posto che conosceva meglio di ogni
altro al mondo: ci viveva, lavorava e sperava di avere buoni frutti
ogni giornata.
Da un bel pezzo, oramai,
usciva da solo. Il suo ragazzo, il più giovane che l'aiutava:
gli altri avevano scelto di sfacchinare ai moli là nel porto,
era caduto in mare affogandoci, una notte di burrasca, nel tentativo
di salvare le reti che la mareggiata avrebbe portato via
irrimediabilmente.
Gli stringeva il cuore
ripensarci e in quelle notti di pesca solitaria, ci parlava, come
l'avesse lì a prua, a calare o salpare, rassettare sagole o
galleggianti. Come parlava al mare, alla barca, alle creature che
accostano, per caso o volontariamente, gli scafi che vanno per mare:
gabbiani, procellarie, peschi volanti e quei ladroni birbanti dei
delfini, che banchettavano alle sue reti e poi, squittendo, saltavano
fuori dall'acqua, davanti alla prua.
"Guarda Nedo...Si,
poeroammè! magari fosse qui. C'è rimasta un'aragosta,
anche bella, gli è andato di traverso il pesce che ci rubava"
o "Facci un segno qui, c'è uno strappo, va riparato - è
troppo grande per lasciarlo così".
Beccheggiava la barca,
tenuta di prua contro le onde, mentre la fiancata di dritta era
inclinata fino a sfiorare col bordo il pelo dell'acqua, per via del
peso delle reti intrise d'acqua e pesce che salpava.
"Mare cane! come sei
freddo. Almeno dammi un po' di pesce bono, stamattina, così si
fa giornata. Ovvai Gloria - il nome della barca e della moglie -
tieni botta; s'è quasi finito, si va a casa a bersi un bel
ponce al mandarino".
Le reti erano a bordo
quando l'alba, da dietro le colline, allungava ormai le dita da terra
fino al mare che prendeva tutto il colore del cielo, spandendoselo
sulla superficie, come fosse una coperta di seta azzurra.
Il motore s'avviava con
due sbuffi neri dallo scarico di fianco; barra a dritta e lento,
tranquillo verso riva.
Solcavano veloci a prua,
due pinne di delfini. Era da tanto che non succedeva.
martedì 11 settembre 2012
Gli occhi neri di...Carla
Piantavo i miei occhi acuti come spilli
nei suoi, lucida ossidiana, tra le
ciglia
e se un sorriso le sfuggiva, senza
sicumera
scrollava la testa ricciuta col suo
fare arguto
una cascata di capelli faceva un
sipario di velluto
e non ci sarebbe stata replica, nella
sera.
lunedì 10 settembre 2012
Le trecce nere di...Carla
Vorrei incapricciarmi ancora
per quelle trecce lunghe nere
che frustavi attorno fiera
mi sorridevi per sfida, ch'eri
più maschia d'una amazzone vera
e non mi desti mai un bacio, oltre una
sera.
lunedì 3 settembre 2012
Sollevando il bordo della pagina
Sollevo lentamente il bordo di questa pagina
come alzerei piano un lembo della tua
camicia
perché vorrei e non vorrei,
avessi letto i versi
per tardare, continuare ancora a
fantasticare
su quanto davvero, alfine, li avrai
graditi
se tanto, quanto io godrei, nello
scoprirti nuda.
Afrodite
Sogno sempre, col mio respiro
di carezzarti il viso
e i tuoi sussurri, scorrere sul mio.
Nutrire col tuo odore le mie voglie
stringere con le dita tremanti
le tue mani calde, bianche.
Aspettare, impaziente
le tue umide labbra trovino le mie
in un bacio dolce, sapiente.
venerdì 31 agosto 2012
Lieto evento
NOMSA MAKONA (ZW00801291)
Mi è nata con la posta, appena
stamattina
e già mi guarda incerta,
incuriosita
il mento nel petto e un poco
insospettita
con quelle perle nere lustre conficcate
nello smagliante bianco madreperla
nel viso bruno, ognuna pare una stella.
Un vestitino vecchio, certo non suo
e braghe troppo lunghe, venute di
lontano
calza scarpe slacciate, grandi, d'altri
mondi
a segnare distanze che non son mai
grandi.
M'immagino cammini vispa speranzosa
come una mini Charlot caracollante
in abito da dignitoso mendicante, così
la stringo nel cuore commosso,
affezionato
spero vada verso un orizzonte alfine
chiaro.
Ci metto una briccica, per vederlo
realizzato.
mercoledì 29 agosto 2012
Arabeschi d'oro con le mani
Alzato il silenzio
sul talamo d'affetti
che talvolta testimonia
giocosa allegria sensuale
ci sospiriamo ardore sulla bocca
le labbra si carezzano, mimano morsi
stretti nell'abbraccio i corpi cercano
a memoria, erotiche parti di contatto.
Le mani contano i pori della pelle
lente scendono a ricamare con le dita
lievi arabeschi d'oro, sui nostri sessi.
lunedì 27 agosto 2012
Quando tra i tuoi fianchi
Quando tra i tuoi fianchi
trovai la calma che cercavo
mi dissi alfine son giunto
ma già era ora di andare.
Non mi bastò e ancora
non mi basta solo godere
ho sempre una voglia feroce
di sapere, provare cosa soffre
chi sempre fruga nuove strade
ignote come e dove finiranno
la schiena si curva, la vita è
cercare.
sabato 25 agosto 2012
A chi canta il poeta di ora
Ha senso quel che scrivo
in questo tempo forsennato
o è solo pratica omeopatica
come un libro da strenna
che brilla soltanto per la copertina.
Se a quelli che hanno meno fiato
il mio canto arriva flebile, superfluo
a chi sto partecipando il mio sentire
e che ne farà chi non ha udito?
Appena un verso, anche uno solo
vorrei cadesse e solo per un giorno
“intra di quei” che come me
sperano
che il mondo diventi un posto condiviso
dove liberi pensare un vivere felice
e tutti vivere felici di sognare.
mercoledì 22 agosto 2012
Ama le gerbere, perdutamente
Sono comunissime, le Gerbere e, forse, lo sono sempre state, ma danno l'impressione di aver invaso questo paese, ad un certo momento, forse per motivi commerciali, come è avvenuto con i tulipani. Nella coltivazione in campo aperto, ma anche in serra, come per i tulipani appunto, sono uno spettacolo cromatico mozzafiato: colori e toni, quasi infiniti; e quella apparente perfezione della forma, tutte uguali, bellissime da sembrare finte, più di quelle finte, che insieme al fatto di non profumare, le fanno sembrare aliene.
Poteva avere tredici
anni.
Era venuta su con l'acre
odore dell'unghia bruciata nelle narici, suo padre faceva il
maniscalco, e la famiglia alloggiava nel retrobottega: d'inverno era
utile il calore emanato dalla forgia. Sin da piccolissima, esibì
una peculiare mania: odorare tutto, fiori e altro, seguendo col naso
all'aria, ogni profumo che si spargeva intorno o che il vento le
portava.
Era affetta da una non
grave forma della sindrome di Down, e la tipica fisionomia non era
eclatante, quindi Serafina poté, nonostante l'imbarazzo mai
ammesso dai suoi, crescere nella comunità, accettata senza
tanti limiti, che ne aveva, naturalmente.
In quel tempo, sue padre
assunse un garzone, un ragazzo magro con la fisionomia mongola,
figlio di parenti alla lontana, con dei limiti intellettivi, anche
lui, ma perfettamente in grado di fare lavori manuali, anche non
semplicissimi. Aveva circa diciotto anni e come noto, quando ci sia
quella sindrome, possono sembrare infantili anche se adulti. Lui, al
contrario, sembrava troppo adulto, per l'età che aveva e gli
insegnarono a radersi spesso, per apparire più giovane. Usava
una lozione dopobarba profumatissima.
Questo fu un
irresistibile invito per il naso di Serafina. Difatti non perdeva
occasione per annusarlo, ridendone con lui e i genitori della
ragazzina, trovarono la compagnia di Giacomino, sempre diminutivi per
queste anime, utile alla crescita più equilibrata per lei, che
non aveva fratelli né amicizie infantili. Nei rari momenti di
pausa di lui, giocavano rumorosamente anche a dispetto dei richiami
dei genitori di lei. Giochi infantili, fraterni, si dissero.
Una mattina Giacomino
portò a Serafina una gerbera viola, strappata dal giardinetto
di sua madre, e siccome lei l'annusò facendo una espressione
delusa, lui trasse di tasca la boccetta del dopobarba che portava
sempre con se e ne fece cadere alcune gocce sulla corolla del fiore.
Lei corse via estasiata. L'interazione divenne sempre più
stretta, lui si tratteneva oltre l'orario di lavoro. Andavano a
sedersi sotto un grande fico a chiacchierare.
Ad un anno di distanza,
la madre di Serafina, di ritorno dall'ambulatorio dove periodicamente
la portava per i controlli, sconvolta e con gli occhi gonfi di un
evidente lunghissimo pianto, condusse il marito sotto la ficaia e gli
rivelò quello che il medico le aveva rivelato: Serafina era
incinta. L'uomo, fuori di se, con il manico di un badile, ridusse
Giacomino un ecce homo e lui, senza capire, si lasciò
picchiare a sangue. Lasciò la bottega solo spinto via dalla
madre della ragazza, che temeva il peggio.
Con l'allontanamento di
Giacomino, Serafina ebbe un crollo nervoso, andò in paranoia,
abortì e fu presto impossibile tenerla a casa. Venne
ricoverata in un istituto apposito.
Ora passeggia nella calma
dei farmaci, lungo i cortili di quella grande villa ottocentesca
destinata a nosocomio. Stringe sempre in mano una gerbera finta color
viola, sulla cui corolla tenta di far cadere inesistenti gocce di
dopobarba da quella boccetta che lui le aveva regalato. L'annusa e
sorride...sorride...sorride
martedì 21 agosto 2012
Ua vita abbottonata
Abbottono sempre più stretta,
questa vita
intorno all'anima da tanto infreddolita
che ogni sogno s'è spento nel
cam(m)ino
da quando i primi inverni attraversati
consumarono il ceppo di speranze
preparato.
Di gelo in gelo s'è fatta dura
la corteccia
il vento dei patimenti arriva meno
forte
e fo come la mareggiata con gli scogli
sormonto, sommergo, e corro verso riva
per spegnermi in una pace che viene
naturale.
Tengo strette quelle rare infime
emozioni
che, alle volte, baluginano
d'improvviso e
apro appena un lembo del pastrano
mi rischiaro dentro, anche solo un
tanto
quanto vale la pena, per non voler
morire.
lunedì 20 agosto 2012
Ci conto (tu che non sei viva)
Se mi desto spaventato
sorridimi
se abbasso gli occhi
guardami
se fisso altrove, verso nulla
baciami
se appaio assorto
toccami
se impallidisco e tremo
abbracciami
se parrà che voglia andare
trattienimi
se metto in fila i ricordi per contarli
portami via.
venerdì 10 agosto 2012
La vecchia panchina al belvedere
La volta grigia del
cielo, specchiandosi sul mare, gli regala quel tono di blu piombo,
che esalta i pennacchi di spuma bianca, quando si arrampicano sulla
cresta delle onde, spandendosi poi sulla riva acciottolata e contro
la scogliera. Pare abbia un profumo diverso, il mare, quando è
grigio, più salmastro, forse a causa della maggiore umidità
sospesa, è più...marittimo. Lo sanno i tamerici, che ne
bevono, nelle notti d'estate, e lo rendono in gocce, il mattino dopo,
con un sentore in più, di resina.
I cespugli colorati di
oleandro, ci si bagnano e mantengono il fogliame sempreverde.
Eppoi fa meglio tempesta,
quando è grigio. Onda su onda si avventa verso riva, con
quella espressione di forza che non s'acquieta, per un bel po'.
In quel posto ameno, che
tanti anni fa era uno spiazzo “belvedere”, c'è ancora una
vecchia panchina di cemento, in parte diroccata, che mostra ancora i
segni di chi volle porvela: un bracciolo in forma di fascio littorio.
Lei ci veniva spesso a
sedersi, verso sera.
Aveva quasi sessant'anni, i
capelli e gli occhi grigi, come quando il mare e il cielo sono grigi.
E doveva essere stata bionda, per via della pelle chiara. Le rughe
del viso e del collo mostravano più le sofferenza che età.
Parlava tra sé e sé,
sottovoce, di quella volta che poco più che bambina, venne
aggredita e violentata da due militari di colore. Di quelli delle
truppe di “liberazione”, che scorrazzavano liberamente e
prepotentemente per la provincia.
Ne nacque Azzurra, perché
pur con l'epidermide scura, aveva gli occhi azzurri. Non crebbe bene,
scappo di casa giovanissima e di lei non si è saputo più
nulla.
Lei veniva qui, dove
decise il nome, guardando il mare, mentre era incinta. E guardava
ancora il mare, in attesa.
Rari gabbiani tentano
un'ultima pescata, accompagnando il rovesciarsi delle onde, mentre
come ad un segnale, prendono a volare verso il molo e i docks, dove
riparano per passar la notte.
Il vento scompiglia i
sottili rami pendenti dei tamerici, frusciano le foglie dell'oleandro
attraversate dalla brezza, ora si sente meglio il fragore delle onde
contro gli scogli, come un sommesso rosario recitato da un gigante.
mercoledì 1 agosto 2012
D'estate, un vestito bianco per Viola
Nella campagna i fiori, a primavera
sono di contraltare al firmamento
brillando di colori fino a sera
fanno della natura un gran portento.
Viene l'estate, com'è naturale
a coronare quella lor funzione
dallo sfiorire a morire al seminare
così paiono bige, smorte, le
colline
d' un cielo che si va a rannuvolare.
Ora il giallo delle messi tutto indora
le crete arse sempre esposte al sole
vedono rondini e rondoni volarci a
frotte
son bordati di arbusti verdi ripidi
fossi
perché bevono la rugiada della
notte.
Ansima il falco e fa ombrello al nido
tiene d'occhio però la tana
dell'arvicola
pronti gli artigli e subito ci vola
la branca stretta e il piccolo avrà
cibo.
Il raccolto, quest'anno, è
andato bene
rende più facile far fronte ad
ogni cosa
ci saranno denari per fare quella spesa
il vestito bianco di Viola, che va
sposa.
martedì 31 luglio 2012
Le onde di Hokusai
Quando ghermisce feroce la paura
con gli artigli dell'onde di Hokusai
affoga l'ansia d'essere sempre inutile
se un approdo all'anima non dai.
Forse lo troverai in un amor da vivere
rubandolo alla sorte che ti è
ostile
aprendo il cuore senza più
reprimere
gli slanci che vieppiù vogliono
sortire.
lunedì 30 luglio 2012
Parodia del Cantico
Altissimu, onnipotente, bon
Indebitamento, poiché
vissi sopra mie
miserrime risorse et possibilitate, tue so’ le laude, la
gloria e l’honore et onne benedictione. Ad te solo, Altissimo, se
konfàno et nullu homo ène dignu te mentovare. Laudato
sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo
frate spred, lo qual’è iorno, et allumini noi per
lui. Et ellu è variante, de te, Altissimo, porta
significatione. Laudato si’, mi’ Signore, per sora
spesa pubblica et prebende, in civis l’ài formate
clarite et pretiose et belle. Laudato si’, mi’ Signore,
per frate licenziamento et per aere et nubilo et sereno et
onne tempo, cum adatto precariato a le tue creature dai
sustentamento. Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua
pubblica, la quale è multo utile et humile et pretiosa
et casta. Laudato si’, mi Signore, per frate acciaio
tarantino, per lo quale ennallumini la nocte, et ello è
bello et iocundo et robustoso et forte, per lo quale avranno
infirmitate et tribulatione. Laudato si’, mi’
Signore, per sora nostra matre inquinatissima terra, la quale
ne sustenta et governa, et produce diversi fructi transegenicis et
herba cannabis caritatis. Laudato si’, mi’ Signore,
per quelli ke perdonano per lo tuo amore, et sostengono esodamento
et niuna mercede et pensione. Beati quelli ke 'l sosterrano in
pace, ka da te, Altissimo, sirano obbligatus reddere debita.
Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra morte corporale,
da la quale nullu homo vivente pò skappare: guai a cquelli ke
morrano ne le peccata mortali, ne' la vita stentato et poco
consumato; beati quelli ke trovarà ne le tue santissime
voluntati, ka la morte secunda no 'l farrà male. Laudate et
benedicete mi’ Signore' et ringratiate et serviateli cum grande
humilitate.
(scusare i passi in latinorum)
venerdì 27 luglio 2012
La via giusta, una crepa
Resto, e non sento mai minaccia
solo un salire e scendere dell'onda
ch'è forte o lieve come fosse
viva
mano di padre o madre, che trascina
su per la battigia, su dall'aspra riva.
Acciottola le asperità della mia
psiche
come a farla liscia, polita: ora ci
penso
ed il vero perché, non saprei
dire.
Un destino sempre si prepara
non si legge facilmente tra le righe
solo barlumi quelli che ti giungono
tutto da decifrare camminando, intanto
cenni soltanto di un confine scuro.
Vada il lavorio al suo compimento
che alla fine spetta a te soltanto
scegliere tra le tante, la crepa giusta
per attraversar lesto quel muro.
Viaggiare, così...
senza distanza, che deve essere tanta
anche per arrivare solo alla stazione.
Uno scompartimento vuoto
per non fumatori, sebbene
sappia di fumo rancido nascosto.
Mi scelgo il sedile al finestrino
guardo il paesaggio grigio d'un
mattino:
uno sale, uno scende, uno saluta
un piccione picchia dalla pensilina
la bambina di mano scappa alla madre
che urla come cadesse giù la
ghigliottina.
Rumore di soffio e sbattere di porte
un trillo, il treno lento muove al
tempo giusto
lo sguardo segue il convoglio che si
perde
io resto, mi giro, anche oggi vado...
viaggiando in nessun posto.
Intorno a scarpe di effimeri principi
Dacché il nuovo apre il mattino
e son buttate via le scarpe grosse
che ne è stato del cervello
fino?
non il gelido genio da laboratorio
quello, che per trarti dal tino della
vita
rimedia a gran problemi, con pochino.
Prese queste, leggere, morbide, lucenti
che fanno camminare sul velluto
di cui son fatte solo le vie regie
pare potresti andare tra la gente
che basti niente per essere importante.
Ci sono ancora strade acciottolate
di sassi acuminati, impolverate
sulle quali pure devi camminare
e non son suole quelle, per durare.
Sono vacui miraggi i tappeti rossi
ai quali fanno ala tanti speranzosi
ad ammirare, celebrare, d'altri la
scena
ostentando gioia meramente finta
nascondere a tutti e senza grinta
quanto gli morda l'anima, la pena.
lunedì 23 luglio 2012
la bellezza del ritorno
E un bel mattino
l'ultimo
sarò più vecchio e saggio
per poter capire
che se ci fu dolore
nel vivere ogni giorno
e la felicità era solo contorno
è alla bellezza
sempre intravista lampeggiare
nell'estasi di un sogno
o in limine del sonno
che farò ritorno.
Il cielo dalla spiaggia
È là, in un grembo che
non scelsi
che tutto è cominciato.
Forse fui una speranza oppure un caso
il fato m'ha portato, con la scatola
nera:
tutto registrato. S'è visto poi,
col tempo,
quel che c'era, quanto era viscerale
rigettato col tempo goccia a goccia
appena assorbito il cordone
ombelicale.
E, se ci fu una fiaba in cantilena
dove cupi orchi e lupi affrescavano la
scena
appresi presto che non avevano colpe
ebbi cuore d'agnello, non di volpe.
Non risolsi tener divisi i cieli
quelli interiori, che quelli fuori
s'impongono a priori, se non sai
reggerti sicuro sui due piedi.
Non ci poté essere un daccapo
che mai caddi davvero sulla faccia
trovai aiuto da mano che non schiaccia
e ha dipinto con me, lasciandomi il
ricordo
la volta del cielo, dalla spiaggia.
sabato 21 luglio 2012
Se il pane è solo crosta
Quando la vita è portare un
giogo
di quotidiani stenti e afflizioni
l'amore solo pausa
tra tempi di paura e tribolazioni
distilla fiele il cuore
s'arma la mano con getti di fuoco
spuntano serpi velenose nei capelli
con fauci aguzze si sbranano i
fratelli.
venerdì 20 luglio 2012
Tracce
Complice la scelta di star solo
nella noia della mente giaccio
ed esibisco un ozio esagerato
come fa la belva nella gabbia
per smentire le lodi del guardiano
e disilludere i visitatori dello zoo.
Gli occhi fissi addosso
caricano la vita d'un robusto peso
che appassisce la luce dello sguardo
corroso dal cercare ciò che non
conosco.
Così, si ficcano neri pensieri nella veglia
ricordando strade ormai percorse
senza averle neppure sbucciate
dalla cute polverosa che racconta
di quanti passi l'hanno calpestata
e dei miei che non lasciano traccia.
lunedì 9 luglio 2012
seimilaseicentotrentanove
tante volte è citato nell'antico
libro
e nessuno che l'abbia mai veduto
qualcuno – si dice – l'abbia
sentito
a imporre quelle leggi per amarlo
seppur non si sappia se ha mai riso o
pianto
ha credito d'amore per noi in ogni
campo.
Solo due su dieci, son di passione
attiva
e l'accettiamo genuflessi, per credenza
verso la sua misteriosa trascendenza
verso la nostra onorabile ascendenza.
È in cielo, in terra, in ogni
luogo, e intanto
non si sa se asciugò, di sua
mano
a qualcheduno, il pianto.
Un'elemosina
Salgo il sentiero nel bosco
ai luoghi più alti, distanti,
solitari
e quando raggiungo il fresco dei
castagni
sento la brezza insinuare i sandali
accarezzarmi i piedi di sollievo.
La stessa che mi spazza dal sudore il
capo
fruga le rughe agli angoli degli occhi
che contano i passaggi della vita.
Allora tengo stretti al fianco quei
pensieri
che mastico quando vo salendo a riva
con cura, come tenere al braccio
l'amata
della quale ora sono forse il surrogato
da quando ho perso la felice goliardia
d'assaporare anche frutti acerbi, solo
schiacciandoli al palato per sola
bramosia.
Vorrei intingerli – i pensieri – in
quell'inchiostro
che nella mente ogni giorno freme
ma la penna alla bisogna non m'assiste
s'inceppa, s'impunta, prende solo una
goccia
come un soldo cade nella mano, sulla
porta.
Raccontando_mi
Chiusi le imposte
e scesi nell'ombra quieta della stanza
il mondo amico mio e, fuori
grovigli spinosi, in lontananza.
Quando era lo strappare baci
la spesa maggiore d'ogni giorno
mi rincantucciai
che sempre mi spauriva
essere incalzato ad affrontar la vita.
Ci trovai mondi sconosciuti ai più
di cui cantavo a disattente orecchie
erano scene di altrove, oltre le
finestre
che s'affacciavano, domestiche, sul
borgo.
giovedì 5 luglio 2012
Ho perso le spine
Se ho perso le spine
issate per tener lontani
i tormenti del cuore
coi sospiri più frequenti dei
battiti
e il giorno
sempre più affollato di pensieri
ora sono indifeso
e batte lento, alle volte par che spiri
però conta ancora le
inquietudini
cavalcare i sogni
che mi visitano la notte
con le stesse domande
senza darmi ancora le risposte.
domenica 24 giugno 2012
Il Po di Cristina Finotto
Aleggia una melica nel delta
quando scende calma la corrente al mare
nel caldo dolce fiato d'una voce
che dall'argine ne fa placare la foga
suonando le canne e il falasco delle
rive.
Fiume ammansito dai versi amorosi
dagli sguardi lampo che fissano momenti
la sua “cantora” lo scioglie dei
gorghi
guardandolo fluire lento all'infinito
nel sua grande letto rincalzato a mano.
L'ama anche quando, potente
pieno di forza apre nuovi specchi
nella bassa alluvionale e quando
esausto
si ritira, lasciando effimeri romantici
laghetti
buoni per pesche copiose e lidi
nascosti
per nidi di sgargianti volatili di
passo.
Ci ama quell'opera dell'uomo
che qui da secoli ha realizzato un
sogno
un mondo strappato ai miasmi paludosi
consegnando terre ubertose e forti
a farsi grembo di pane per le genti.
sabato 23 giugno 2012
Sogni per sempre
Da sempre nutro i miei sogni
pei pascoli stagionali della vita
ubertosi e verdeggianti, i primi
e via via più difficili, meno
fecondi
desertici e secchi, alle volte.
Ma brezze roride di senso
come piogge autunnali
rinverdiscono a tratti ogni pensiero
e quindi riprendo ratto a volare
portando l'anima in alto
nell'infinito blu dell'emozione
e con lo stesso brivido schiantare giù
nella voragine del mare
in quel buio irreale che nasconde
la fucina dell'esistenza
per continuare a vivere, ancora.
mercoledì 20 giugno 2012
Al mio primo maestro M.Cucchi (a sua insaputa)
Mi disse con l'autorità d'un
vero vate
di quei che con alloro e altre fronde
si pettinano il capo e meritano
prebende
che ognora troppo indugiavo nel rimare
in pene dell'anima e del cuore
tanto che giungeva solo quel rumore
che invero la poesia senso ha da
cantare
narrare comunicare alfin dipingere
e men che mai di se,
soltanto piangere.
Non lo
nego, mi ferì la locuzione
di
forza la sposai con l'intenzione
di
tenerne conto come una lezione
e darmi
nel futuro un'occasione
per
comunicare soltanto l'emozione
riconoscibile
da molte più persone.
Non so se son riuscito
nell'impresa
se ho separato a dovere la lana dalla
seta
e se chi mi tenne quella lectio
magistralis
capitasse tra le righe che da allora
scrivo
amerei dicesse s'è valso quel
che disse
anche un libero no, che forse a quel
destino
l'anima mia d'essere così, mi
crocefisse.
lunedì 18 giugno 2012
Signora Fortuna
Ora son crepe, le mie labbra secche
per aver gridato tanto
sospirato forte ogni momento
di poggiarle sulle tue, un po'
soltanto.
Fui canapo e non passai la cruna
non era scelta, forse non ho dote
alcuna
di quelle che apparecchiano la vita.
Ma ancora non mi arrendo e sogno
sfogliarti le pantofole dai piedi
carezzarmi il viso a lungo
coi lembi della camicia fina
inebriarmi al tocco della pelle con le
dita
e sommesso, sussurrare, vienimi in
vita.
venerdì 15 giugno 2012
Le "seghe mentali"
Non è una
locuzione mia, pare sia di gergo genovese, usata, prosaicamente, in
psicologia e tradotta nel lessico dialettale di molte regioni in
“cazzate”, “minchiate”, ecc.
Pare ce ne siano,
fondamentalmente, di due specie: quelle positive e quelle negative.
Sono una persona comune,
quindi non posso che esserne succube anch'io, in qualche misura, come
pare lo siano tutti. Parlerò delle mie, naturalmente.
Cominciai a farmele
(non trovo termine più
esaustivo) sin da piccolo, nel considerare andare a scuola, una
assoluta ingiustizia esistenziale. Costrittiva e coercitiva della
libertà personale, inutile sotto l'aspetto pratico, talché
ne fui da subito un frequentatore melenso. Ritenevo che iniziare col
fare il garzone del fornaio, del falegname, del meccanico...ecc.,
fosse il miglior viatico per diventare “grande”, il resto l'avrei
imparando cammin facendo. Poi i calzoni si fecero sempre più
corti, stretti no: te li confezionavano a futura crescenza; e
cominciai a farmi
quella che un mestiere valeva un altro, che le professioni erano
fatte per chi non aveva voglia di sporcarsi le mani o poco coraggio
per ribellarsi ai genitori che costringevano ad andare a scuola. E la
prima volta, sempre colpa delle donne, che affrontai una di un giro
che non era il mio, sbattei il grugno contro un lessico che non
capivo e che lei usava scioltamente e senza farlo pesare. Cavolo! qui
cominciai a farmi la
prima “positiva”: mi misi in testa che era fondamentale essere
colto. Presi a leggere qualsiasi cosa, quasi spasmodicamente, sapete
come quando si dice “leggere anche l'elenco telefonico”,
facendomi una testa tanto, con cognizioni le più disparate,
senza disciplina o finalità specifica. Qualcosa mi restava e
cominciai ad apprezzare il fatto di sapere, qualcosa, almeno. Ma
intanto, senza neanche accorgermene, mi stavo facendo una
di quelle “cattive”. Elucubravo, sempre più, sulla mia
inadeguatezza al consesso sociale, colpevolizzandomi per la mancata
capacità di impegno, condannandomi – senza appello – ad
una mia impossibilità di essere altro da quello che mi trovavo
ad essere al momento: insoddisfatto, sempre. Però sognavo –
e sogno – oh...si! questo si. Era ed è, un farmaco
portentoso e sotto un certo aspetto, poteva e può ancora
essere, una di quelle positive,
visto che inventavo e invento, progettavo e progetto ma, diventava
presto “negativa” dato che prevalentemente, aspettavo accadesse
qualcosa che io, ci risiamo, non trovavo la forza di determinare.
Ora,
credo di farmene una
positiva: scrivo “poesie” e “brevi racconti”, come questo e,
per adesso, godo, come il classico porco.
giovedì 7 giugno 2012
Voglia di tenerezza
Preso dagli occhi la luce calma, serena
perso nel cavo delle braccia bianche,
lisce
poggiavo al seno turgido caldo, le gote
le labbra ai capezzoli, ammiccanti
un serafico orizzonte che quietava
le mie infantili paure d'abbandono.
Allo stesso modo
in questo tempo che mi porta a sera
in tutta te cerco rifugio
sotto lo sguardo dolce un po' sognante
placa quell'ansia questo tuo sembiante
senza negare il tempo che trascorre
fiero di matura beltà, resta
abbondante.
Di baci e di carezze ancor ci bea
mi scioglie sorrisi che speravo appena.
Pensieri come foglie
Anche fossero i pensieri
come le foglie al ramo
in attesa di cadere nel vento
che le posa altrove
a farsi pane per i giorni da venire
vorrei averne mille e ancora
mille perderne ogni ora
per godere il brivido dell'attesa
della speranza, della perdita
che sempre incombe ignota.
martedì 5 giugno 2012
Dal tuo abbraccio
Dal tuo abbraccio di brace
unico a tenermi avvinto
a questa inezia di vita
dove brucio desideri e sogni
e non trovo il giusto passo
per vivere come si conviene
mi scioglierà la morte
che non sa che l'amo
perché mi prenderà
senza domandare.
Basta una lucerna
Vieni quieta
notte di prima estate
siediti sulle mie palpebre arrossate
che non sanno chiudersi.
Sussurrami ancora
quella vecchia nenia che conosco
e non ricordo più se non col
cuore
così che possa assopirmi
dimenticando il giorno che mi cerca
coi suoi fantasmi luccicanti
e mi ferisce gli occhi
accecandoli.
Per vedere la mia pena
basta una lucerna.
lunedì 28 maggio 2012
Dell'ombra
Mi sono caricato l'ombra sulle spalle
cercando di percorrere strade
lastricate
ma ho trovato viottoli, per lo più
sconnessi
semplici tratturi del vivere contiguo
a quella vita che avrei voluto e
che non è mai stata.
Tuttavia bordure fiorite esibivano
una bellezza semplice, per molti arcana
ad allietare lo spirito di chi sapesse
leggere
quanto è vasta la speme, seppur
kafkiano il vivere.
Cercare & cercare
Non lo trovo in cielo, in terra, in nessun altro luogo.
C'è la paura ancestrale irrefrenabile del mistero dell'esistenza.
C'è il desiderio continuo, ansioso, infinito di esorcizzarla.
Per vivere.
C'è la paura ancestrale irrefrenabile del mistero dell'esistenza.
C'è il desiderio continuo, ansioso, infinito di esorcizzarla.
Per vivere.
lunedì 21 maggio 2012
Quando è sera
Da formica raccolgo
e porto nella tana della memoria
“pizzini” di pensieri, di parole
che, forse, mai rileggerò
o che nessuno lo vorrà mai fare.
Sono minime, intime emozioni
folate d'una brezza mia speciale
che senza freno sempre m'accarezza.
Un brusio di foglie nel vento
intorno a rami posatoio
in coro al chiacchiericcio dei passeri
quando è sera.
Il garrulo verso dei monelli in strada
che sfuggono ai berci
delle madri da troppe cose affannate.
Un coro sommesso di chiesa
che per lo più mi trova alieno
eppure mi tocca e m'addolcisce
come è dolce lo snocciolarsi
del rosario
quando è sera.
Viene di rado
S'asciuga appena
del bagno appena fatto
mentre leziosa s'avvicina al letto
tintinnano giocosi gli anelli alle
caviglie
mentre si scosta un lembo del lenzuolo
così intravedo il fior delle mie
voglie.
Madida s'arrende alle labbra, alle dita
lunga distesa sul blu del mio giaciglio
freme si muove s'accarezza il seno
guarda ride mi chiama in un bisbiglio
m'inebrio ancora del suo odore
e poi...la piglio.
Voglio essere felice
Non mi passa
questa voglia di essere felice
anche se da tanto
sopporto le nubi passare
rosse del fuoco dell'odio che
in qualche parte del mondo
toglie il fiato.
E ascolto attonito l'urlo
che il vento trascina
anche dalla porta accanto
di gente che al dolore
non può che opporre il pianto.
E vedo torri franare
bruni mattoni d'una storia antica
accatastarsi sul cemento
della pazzia del costruir morbosa
cibatasi di suolo cielo acqua
come se ce ne fosse sempre a iosa.
Parrebbe ci si rivolti contro il mondo
lui che è innocente e pasce
tutti e tutto
scuote la crosta ha qualche eruzione
quasi un segnale del suo potere
intonso.
Fanno patire le ferite imposte
dal fratello al fratello e alla natura
è cotanto uomo ad aver lorde le
mani
ingordo rapace di bellezza pura
figlio della terra che lo ha amato
germano di ognuno che sulla stessa vive
pur egli, come noi, da donna nato.
Nell'animo avrà seppur debole
una luce
che tanti sanno già alimentare
così spero si canti un coro
seppur come questo flebile e lontano
che lo raggiunga al cuore
prima che la tenebra cali il suo velo
e venga il tempo di non disperare.
mercoledì 16 maggio 2012
Oltre
Stanno certi fiori solitari nella brughiera della vita che il vento impietoso scompiglia ma nulla può sui loro colori che al sole brillano impudichi. |
lunedì 14 maggio 2012
domenica 13 maggio 2012
venerdì 11 maggio 2012
Raccontino in bianco
Aspettami qui che torno,
foglio bianco, che non sai aiutarmi. Ho mille cose da dire,
raccontare, voglio buttartele in faccia che non ti potrai scansare e,
se qualcuna scalfirà appena chi avrà la ventura di
leggerle, non preoccuparti, devi soltanto far sì che si veda.
Vestirai di un bel nero il tuo eterno bianco, come si conviene allo
scritto vero, serio. Caratteri adeguati, studiati da esteti,
predeterminati. Il senso lo darò io, che ne sai tu dei
patimenti o delle gioie? Conosci i segni, solo segni, cosa dirai se
io non li riempio di emozioni? Alcune volte con una goccia di pianto
t'ho bagnato, per te non fu gran cosa, che ne sapevi di chi o cosa,
l'aveva provocata? Il male è che non so, non posso gridare,
altrimenti non starei qui a ticchettare su questa anonima tastiera:
segni e simboli che neppure so tutti utilizzare. Vorrei tanto che
allagasse la mente una bufera di lemmi, di aggettivi, di tutti quegli
strumenti adatti a raccontare, tu certamente li hai visti passare ma,
pare, non sia in grado di potermeli suggerire. E allora farò
ricorso, come sempre, alla mia fantasia, che non è poca, ma
sono carente nella scienza della scrittura, quella cosa che chiamano
letteratura. Mi fu sempre ostica, per mia indolente natura, ero
affascinato dalle nubi in corsa, dal vento che s'avventava sulle
foglie, dai voli degli uccelli, degli insetti, dalla pioggia, come
lavacro del male del mondo.
lunedì 7 maggio 2012
Oltre il bruciore delle lacrime
Presto mi sono sentito
un pezzo di pane fuori dalla madia
una squilla che dondola nel campanile
d'una chiesa di campagna, sconsacrata
e allibito, visto asciugarsi il sangue
versato
mescolarsi al miele della pace e
tutto diventare altra fortuna, tra le
cosce.
Ho immaginato, sognato di poter
scrivere
di quella profondità liquida
sempre pronta
a debordare dalle ciglia
pur avendo guardato, senza svoglia, i
libri
come fossero pozzi pieni di voci
aliene, incomprensibili
impararvi nulla e prendere a spiare
attraverso fessure aperte nei grigi
muri
dalle quali soffiava l'esistenza.
Ho rivestito la vita di tanti sogni
che appartenevano solo alla
disillusione
pur se, alle volte, sembrava la
speranza
di una auspicata desiderata
metamorfosi;
e quel pane bagnarsi del sapore di una
donna
da far nascere una storia per
abbandonare la casa.
Ma non bastò stringersi nei
vecchi o nuovi panni
per difendersi dal gelo della mancanza
erano tutte bianche le pagine future e
avrei voluto versare copioso
l'inchiostro
perché dicessero di me che ci
provavo
nonostante la pioggia battesse le
lastre
scatenata dalle bocche cupe delle nubi
e non potei mai pescare un orizzonte
accettabile
oltre il bruciore delle lacrime.
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