lunedì 17 dicembre 2012

Pensieri a mandorla






e poso un sogno
sul guanciale del giorno
ogni mattina

oppure:

riposa un sogno
sul guanciale del giorno
ogni mattina
 

giovedì 13 dicembre 2012

mercoledì 12 dicembre 2012

Mani bucate




“Hai le mani bucate”, mi gridava

contando quattro spiccioli di rame

eppure aveva gli occhi lucidi di gioia

che scapestrato, le piacevo assai.

Ora dai buchi non passano monete

cadono rammenti ch'erano la vita

ho perso tesori che avevo in mente

forse per questo che non m'è riuscita.

Vago con le mani sprofondate in tasca

sbiancano le nocche, stringo sentimenti

non sarò il meglio ma son di questa pasta.

martedì 11 dicembre 2012

Risanguinano ferite ancora




È il tempo in cui più incupisce

il rosso nel tramonto

e lentamente affonda nella notte

che, a sprazzi, senza luce

biancheggiano ossa di rimpianto

scarnificate dai lembi di passato

mai sopito davvero.

E, non sono mai pronto

quando risento quel nodo nella strozza

perché non ricucii al meglio

le ferite che mi seppi infliggere.

Così risanguinano, ancora.

martedì 4 dicembre 2012

Ricordi di Natale


Scintillano, per un momento

come ninnoli appesi ai rami dell'abete

minimi ricordi, illuminati d'improvviso

con un click, dalle lucine dell'addobbo.

Si specchiano sugli incarti dei regali

sparsi in elegante disordine per terra

memoria d'una gioia, un'allegria

nel giorno deputato

il dì di festa, intorno alla famiglia.

Son tutti di là da una finestra chiusa

odo appena il vociare dei fanciulli

il treno muove, deve andare

neanche stavolta, riuscirò a restare.

Se ne andrà con un sospiro


Se ne andrà con un sospiro

forse neppure

gli occhi si faranno di vetro

vorrei appena un sorriso

stampato sulle labbra.

Se non pianti, non semini

non costruisci

puoi andartene quando vuoi

nessuno piange.

Ho scritto le quattro cose

che mi porterei

le cento che non ho

le dimentico facilmente

mentre faccio questo lungo marciapiede

e conto i giorni che seguono i giorni

senza trovare il punto giusto

per attraversar la strada.

Sento ancora una porta

che non s'apre

se riuscissi a passare oltre questa

andandomene via senza niente

se mai lascio qualcosa

è nella vita degli altri, sperabilmente.

La strada sta lì davanti, da tanto

è come il vecchio specchio che conosco

forse c'è qualcuno per me, dall'altra parte.



 





Politica italiana e maccheroni ciociari





(dialetto d'accatto)



Ce sei annato a votà. Pe' questo o pe' quello?

'n ce sei stato? Nun sei demogratico. A bello!?

Ma che stai addì! Nun ce fai gnente co'le votazioni.

Eggià! Allora pecchè se fanno sempre l'elezioni?

Per conta' quanti so' quelli che ce credono. I cojoni.



Stai proprio messo male, amico mio

nun c'hai er senso de lo Stato comunardo

si nun ce vai, dai tutto in mano a quarche bastardo

che te se inchiappetta se giri lo sguardo

e nun te basterà raccomannatte a Dio.



Nun je vojo mette in mano lo strumento

pe' famme alle spalle quello che je pare

na' vorta che sta 'ssedè ner parlamento

nun te se fila ppiù...che c'ha sempre da fare

vedi tu se me vojo creà 'sto bel tormento.



Stamme a senti' amico mio bbello

sto monno l'avemo da pijà come fà quello

co' 'na canzona trista e un ritornello

e quarcheduno l'ha da fa er menestrello

si canta male un carcio, si no, tanto de cappello.

mercoledì 28 novembre 2012

Le ultime stelle del sogno






Devi sapere quel che vuoi per te

quello che ami tanto per davvero

sennò vivi disperso nell'immenso

e non c'è luce se il pensiero è perso.

Ho paura di dover tornar bambino

a morire semplicemente consolato

voglio ricordare s'era così bello

avere un cielo terso, immacolato

aperto a tutti i sogni che potevo

se cosciente scelsi questo o quello

oppure capita così, senza saperlo.

Come le stelle, sono sempre quelle

di allora, d'oggi e così domani

non scegli il firmamento che ti piace

non costruisci l'immenso con le mani.

Spariranno, si dice, un giorno lontano

per ricomparire diverse in altro mondo

altrove, in altri cieli, per altri occhi e mani

a stimolare ad ognuno un altro sogno.

Loro vedranno le stelle, quelle che vidi io

senza contarle si faranno, come me, rapire

forse per sempre, tornandole a sognare.

lunedì 26 novembre 2012

Arrossire di tramonto




Non so più il sapore, e c'era

dei primi baci presi e dati

quando l'oggi era primavera;

resta un ricordo, come un sogno

presto m'allontanai da quello stagno.

Ci misi in mezzo un mare, di tempo

per abbracciare più vasto l'orizzonte

vivere sembrò attraversare un ponte

lasciarsi tutto alle spalle una ragione

gli occhi far vela cercando un'emozione.

Il sovvenir dell'inutilità dei giorni

morde le labbra a sangue per i rimorsi

mentre arrossisce le gote di tramonto.

venerdì 23 novembre 2012

Quelli che possono (potere)




Affilata vieppiù la ghigliottina

fanno sfilare sorrisi e sono crepe

nella cintura del loro fortilizio

ma non lo faranno mai crollare.

E' baluardo antico, tramandato

atavico spalto contro la speranza

di libertà naturale, che sempre alberga

nei nati da donna, sulla terra.

E conculcarla potranno ognora

col bastone, un fucile, una verga virile

oppure col buio della mente, l'inedia

la privazione d'uno spazio appena civile.

Da sempre hanno laido buon gioco

poiché per natura, noi, stiamo abbracciati

a coloro che non vogliamo abbandonati.

Ancora vorrei








Vorrei esser più lontano

dai tanti acerbi desideri ch'ebbi.

Vorrei fossero più vicini e maturi

i frutti attesi della vita.

Vorrei che la risacca cheta

che ora mi culla indifferente

passando tra le morte conchiglie

carezzasse le mie dita nude

abbandonate nella corrente.

Che le ciglia socchiuse ad arte

frenassero il correre del tempo

ancora vorrei.

martedì 20 novembre 2012

Coi fiori in bocca






Avrò fiori nella bocca

per parlarti da vicino

e petali di labbra

per baciarti il viso.

Piume le mani

per tutta carezzarti

caldo l'abbraccio

per dolcemente

accoglierti.

sabato 17 novembre 2012

Intimità






Non è per le mie pene

che sto solo

è più alto il posatoio

su nel vento.

Guardo stracci di nuvole

correre nel niente

disperdersi silenziose

nel rosso vivo là

dell'orizzonte.

venerdì 16 novembre 2012

Una crisi, una speranza




Nessun dorma, è regime

gridate con me cittadini

non ci ruberete l'anime

o la speranza pei bambini

seppur piaghe acerrime

c'imporrete e abomini.


martedì 13 novembre 2012

Negritudine




Come clangore assordante d'un treno

la vita ti scorre accanto presente

lacera pacati pensieri e temo

nessuno si curi dell'altro o sente

come non sia il freddo che infiora i vetri

quel che gela l'anima della gente.

Svegliatemi da questi sogni tetri

demoni bianchi rattristare negri.

venerdì 26 ottobre 2012

Andare




Sempre soppeso sulle spalle

un larvale pensiero amaro

insistente, d'una vecchiezza

che mi vuole conquistare

e assaporo il gusto di accelerare

rubando della pace la ricchezza

quell'evento unico, o raro:

di obliar la vetta, di precipitare a valle.

Solitario caffè




Faccio il solitario

ogni mattina

di quelli con le carte

che credevi?

E tuttavia

qualcosa l'hai capita

le stendo proprio su

una cara foto sbiadita.

Son anni che ci provo

non mi viene

alle volte per poco

altre meno

e non mi arrabbio più

ci prendo il caffè amaro

mi conviene

troppa glicemia

già scorre nelle vene.

giovedì 25 ottobre 2012

Nell'umid'ombra






È di spazio cromatico diverso

il colore tenue dei ciclamini

dicono di se più d'altri fiori

figli per lo più di primavera.

Quando l'autunno scuote le piante

per farsi la coperta di mezza stagione

spuntano a gruppi folti in rosa

tra il bruno delle foglie che son lì

cadute a frotte a far soffice letto

per quelle che tardano a cadere.

Bucano la monocromia del sottobosco

si spandono sui greppi ascosi, molli

e nell'umid'ombra tiepida del canalone

a rammentare della vita, la canzone.

martedì 23 ottobre 2012

Prontiii....via!




Non mi vorrò vedere in fin di vita

che non mi piacerò in quella guisa

cullo la speme d'esser bene acconcio

al viaggio pronto senza sapere il giorno.

lunedì 22 ottobre 2012

Spogliare il passato




Mi spoglio ogni dì degli abiti che porto

sgualciti, lisi, per come l'ho indossati

peregrino da un vecchio a un nuovo porto

appiccicati all'ansia e vieppiù sudati.

Non c'è sapone che lavi la tristezza

non acqua che allevi la malinconia

solo un momento di gioia, un'ebbrezza

darebbe senso a quel che ho di nostalgia.

Vorrei mettere sulla nuda pelle

un gran mantello color arcobaleno

e se un passante mi trovasse alieno

gli mostrerei una sguardo sognante

come d'uno che ha già fatto il pieno.

Avvolto stretto per volare in sogno

dietro a carezze, baci e tutto quanto

perché io sento di volerne dare tanto

dell'amore che resta, dammene altrettanto.

martedì 16 ottobre 2012

Innamoramento






Vorrei carezzarti seppure per incanto

che langue il corpo mio, dei tanti desideri

d'avere il tuo, profumato tepore, qui daccanto

e cavalco le immagini di te, come corsieri.

Non rifuggo la voce dei sensi, mi ci ammanto

sono come brezze, sebbene effimeri pensieri

scaldano il cuore, che non s'abbandoni al pianto.

Bella, benefica fede, che amor sempre conduci

visita il mio sogno, perché ci trovi accanto

e le dirò quel che provo, senza rimpianto.



venerdì 12 ottobre 2012

La nebbia su pe'i colli




M'è caro catturar con gli occhi

all'alba salire tra gli aspri colli

le nebbie a cotonarsi nelle valli

e quatte ad aspettar che il sole

ne sollevi il peso per portarle altrove.

Scendono fitte silenziosamente

ad appendersi di notte negli anfratti

veli che pare celino anime spente

mentre ci vaga il selvatico prudente.

Lasceranno col giorno umide zolle

perle di rugiada su rametti e fronde

un profumo di pioggia che si coglie

mentre evapora al cielo dalle foglie.

martedì 9 ottobre 2012

Non s'è ancora visto




    Neanche oggi s'è ancora visto, Dio
    avrà troppo da fare, a parer mio
    c'ha sempre un benvenuto o un addio
    non può dare importanza al gorgoglìo
    al rimescolamento di grida al balenìo
    che la gente fa dicendo: grazie a dio
    c'inzuppano tutti, e c'inzuppo anch'io.

sabato 6 ottobre 2012

In motocicletta



Una gita, appena fuori porta

lei sul sellino posteriore, scomodo

per brevi gite, a bell'apposta.

Stretta a me, schiacciava il seno

sulla mia schiena curva e, forte

stringeva la mie natiche tra le cosce.

Sentivo che rideva più si muoveva

mimava una copula, lo sai che mi piaceva?


mercoledì 3 ottobre 2012

La giacca sudata




Passavo accosto all'attaccapanni

ogniqualvolta mi rimproverava

volevo afferrare se c'era un nesso

tra il mio essere e la sua irritazione

speravo l'avrei capito dall'odore acre

della sua giacca appesa lì, sudata.

lunedì 1 ottobre 2012

Senza afferrarlo, il vento




Somigli a tutte le cose che penso

come Gala per Dalì era presente

bei pensieri palesi oppur nascosti

siano voli, sian passi controvento

sei ciò che vorrei e così tanto costi.

domenica 30 settembre 2012

undicisillabe




setoso il crine vellica il mio petto

scende la bocca ad umettar la pelle

ansimo e cresce il battito del cuore

oh! se mi baci così, stavolta muoio.


venerdì 28 settembre 2012

Angiporto


(le pupille verticali)


            Se non viene neanche stasera...vaffa'n...tutti i vagabondi del mondo. Cavolo, mica sono un due di briscola. D'accordo, io ho tentennato un sacco, l'ho fatta lunga perchè non mi piaceva il posto, l'ora, su come arrivarci e specialmente su chi...ehm!...avrebbe sostenuto le spese. Ma avevamo deciso, alla fine, tutto convenuto con reciproca soddisfazione, pareva.

Sai cos'è? È che io mi rivelo facilmente. Si accorgono subito che ho paura delle novità e faccio per un nonnulla, difficoltà. Che sospetto di tutto, che ho incertezze e sempre insisto su richieste di garanzia, impegno, serietà, specialmente per il prosieguo. Loro si scocciano, spesso.

Ora, sono tre sere che vengo qui, dove avevamo detto, a quest'ora del cazzo, in questo posto in fondo al mondo, che puzza di piscio e di pesce marcio, senza sapere neanche com'è. Neppure se ha la coda o no, solo la voce, bassa, gradevole, direi. Ci siamo sentiti nel buio di uno scantinato, in mezzo a tanti altri che si davano da fare. Poi, ad un allarme, un fuggi fuggi generale e l'impegno di vedersi qui. Forse ci sarebbe voluto un po' di tempo per pensare meglio. Vabbè...

Speriamo sia una gradevole sorpresa per entrambi, neanch'io ho chiaramente dato tutte le coordinate su me: ahahahahahah! Mica gli ho detto se ho la coda o no! Ma il bello degli incontri sta anche in questo, no? Oddio, non è che sia sempre andata benissimo, con questo sistema: Ce l'ho anche prese, più d'una volta.

Chissà se sono vere quelle cose di sé che mi ha raccontato. In verità mi sembrano esagerazioni: barche a vela e motoscafi d'altura...isole caraibiche...tropici..., ma dai! Ci vorrebbero sei vite, anzi sette, tutte insomma. Vabbe', si vedrà. Anch'io con quella storia dell'Orient Express... Semmai sarà uno dei tanti incontri di stagione.

Se ci scappa una storia bene, se no...questi vicoli son pieni di randagi per la vita. E c'è sempre un'altra stagione per provarci.

Arriva qualcuno...Oh! Un tipo aitante...ha una bella coda lunga, bella tesa, verticale e a..?.

Ha fatto la spesa, porta un piccione, di quelli di Piazza Duomo, immagino.

Gagliardo. Cominciamo bene. Mi piace.

Avessi gettato l'ancora...



Avessi gettato l'ancora allora

quando mi parve di stringere

tra le braccia il mondo

quando nulla poteva accadere

ch'era del mio colore tutto intorno.

Invece presi l'agio di percorrere

facili rotte in lungo, largo in tondo

per riempire giorni sempre corti

sentendo l'ansia di non vivere profondo.

Ora ad ogni vela o fiocco lacerato

provo a tornare alla cala di partenza

per nostalgia d'un sogno accarezzato

nell'acqua frescha cheta, in trasparenza.

La bitta al molo è tutta arrugginita

sconnessi i massi dell'approdo avito

la sosta è dura, speravo ingentilita

il vento non è brezza, è più accanito.

Non è più tempo di abbrivare al largo

le forze son scemate, poco il coraggio

un viaggio, forse due, prima che arrivi

il sonno della mente, come un letargo.

mercoledì 19 settembre 2012

Navigare in solitario




Legni seccati, l'albero e'l fasciame

mandano sempre suadente la canzone

di sordi scricchiolii e di tensione

ad ogni folata che il maestrale

soffia teso e forte sulla vela

facendo andar la barca di bolina.

Prendere il largo al meglio

nell'aria fredda pulita di mattina

la foschia profuma ancora di rugiada

e il sole cerca piano uno spiraglio.

L'acqua che sciaborda alla fiancata

par gorgogliare un saluto e invitare

a dar di drizza e scotta per cazzare

prendere il vento giusto a navigare.

L'animo s'apre al mondo in solitario

che t'entra dentro senza far pressione

cerca negli anfratti del cuore un posto

per snocciolare in pace il suo rosario.

martedì 18 settembre 2012

Una biografia per nulla



Quanta storia in piccoli giorni

ha scritto la mia ansia nella vita

da infantili paure al seno consolate

battiti puerilmente irrefrenabili

in solitari tormenti placati appena.

Esibizioni rituali d'avvenenza

sfoggi giovanili d'abilità e potenza

intorno a gonnelle spesso indifferenti

e pacato poi un rito d'un accasamento.

Emozioni di nascite dai lombi generate

di crescite speranzose a ricchi voli volte

progetti e contrasti partenze e ritorni

e calme tranquille sere in riva al mare

su orizzonti arancio fregiati in rosso

le grinze indifferenti a percorsi nuovi

la cercata stabilità che si posa pesante

annunciandosi l'avello in pietra grigia

già pronto, predestinato, e così sia.


Eubulide, di striscio




Si prese un po' di vacanza da lei, quando le disse, Sai, non ti amo!

Detto così pareva che l'avesse amato. C'era da crederle? E quando era sincera, al tempo in cui pareva l'avesse amato, oppure adesso che diceva di non amarlo?

Pensò che non l'avesse amato mai ed era in dubbio tra l'essere stato ingannato allora o adesso, che lei, forse, aveva un altro da amare e le mentiva per poterlo lasciare.

Perché crederle ora, in ogni caso, equivaleva ad ammettere che le aveva creduto allora e non gli piaceva l'idea di essere stato imbrogliato o di essersi sbagliato a giudicare i sentimenti di lei che, ora ripensava, non diceva spesso, Ti amo.

Mentre sfogliava l'album delle fotografie di quella storia, molte gli parvero fasulle, come di due che si mettono in posa per far contento l'amico che le scatta e vuol mostrare quanto buona sia la sua macchina fotografica. E, tuttavia, aveva bei ricordi di quei momenti o no? Adesso finiva per non ricordare

Ma la Kodak non mente. Che ne sa delle bugie. Fissa i sorrisi che vede col suo occhio di cristallo e sbatte l'immagine sulla gelatina della pellicola, così com'è.

Chi mai potrà dire se quelli della foto erano sinceri o mentivano. Qualcuno che ha letto di psicologia, potrà dare spiegazioni osservandole le pose e gli atteggiamenti ma, in fondo, non si saprà mai la verità vera.

venerdì 14 settembre 2012

Sangue salmastro




Lungo la costa viveva una popolazione marinaresca, perlopiù di pescatori, che della navigazione marittima aveva, al massimo, frammentarie nozioni trasmesse oralmente dall'ultimo Portolano del Ministero ma, nelle vene, sangue salmastro.

Bisognava prendere il largo nel chiarore metallico di prima che albeggi, per salpare le reti, che la luce solare, rischiarando l'acqua, consentiva a molluschi e crostacei, di raggiungere facilmente e cibarsi dei pesci rimasti imprigionati e morti tra le maglie.

Sempre la bruma, in ogni stagione, gli bagnava il viso, imperlava le ciglia e sopracciglia e i primi raggi tiepidi del sole, cristallizzavano microgrumi di sale su quei peli che luccicavano, come cosparsi di polvere di vetro.

Stava chino a poppa, alla barra, vicino ai comandi del diesel, che borbottando monotono, spingeva il gozzo su e giù per l'onde, fino alle tre miglia dalla riva, dove erano stati calati i "tramagli" per la pescata della notte.

Non amava il mare, nel modo e senso di quelli che lo fanno dalla spiaggia ma, da sempre, era la sua vita. Quasi il suo elemento, anche se non ci si immerse mai per capriccio o divertimento. Per bisogno si e con sicumera, quando c'era da liberare l'elica dalle alghe o qualche rifiuto inciampato durante la navigazione. Era il posto che conosceva meglio di ogni altro al mondo: ci viveva, lavorava e sperava di avere buoni frutti ogni giornata.

Da un bel pezzo, oramai, usciva da solo. Il suo ragazzo, il più giovane che l'aiutava: gli altri avevano scelto di sfacchinare ai moli là nel porto, era caduto in mare affogandoci, una notte di burrasca, nel tentativo di salvare le reti che la mareggiata avrebbe portato via irrimediabilmente.

Gli stringeva il cuore ripensarci e in quelle notti di pesca solitaria, ci parlava, come l'avesse lì a prua, a calare o salpare, rassettare sagole o galleggianti. Come parlava al mare, alla barca, alle creature che accostano, per caso o volontariamente, gli scafi che vanno per mare: gabbiani, procellarie, peschi volanti e quei ladroni birbanti dei delfini, che banchettavano alle sue reti e poi, squittendo, saltavano fuori dall'acqua, davanti alla prua.

"Guarda Nedo...Si, poeroammè! magari fosse qui. C'è rimasta un'aragosta, anche bella, gli è andato di traverso il pesce che ci rubava" o "Facci un segno qui, c'è uno strappo, va riparato - è troppo grande per lasciarlo così".

Beccheggiava la barca, tenuta di prua contro le onde, mentre la fiancata di dritta era inclinata fino a sfiorare col bordo il pelo dell'acqua, per via del peso delle reti intrise d'acqua e pesce che salpava.

"Mare cane! come sei freddo. Almeno dammi un po' di pesce bono, stamattina, così si fa giornata. Ovvai Gloria - il nome della barca e della moglie - tieni botta; s'è quasi finito, si va a casa a bersi un bel ponce al mandarino".

Le reti erano a bordo quando l'alba, da dietro le colline, allungava ormai le dita da terra fino al mare che prendeva tutto il colore del cielo, spandendoselo sulla superficie, come fosse una coperta di seta azzurra.

Il motore s'avviava con due sbuffi neri dallo scarico di fianco; barra a dritta e lento, tranquillo verso riva.

Solcavano veloci a prua, due pinne di delfini. Era da tanto che non succedeva.


martedì 11 settembre 2012

Gli occhi neri di...Carla






Piantavo i miei occhi acuti come spilli

nei suoi, lucida ossidiana, tra le ciglia

e se un sorriso le sfuggiva, senza sicumera

scrollava la testa ricciuta col suo fare arguto

una cascata di capelli faceva un sipario di velluto

e non ci sarebbe stata replica, nella sera.






lunedì 10 settembre 2012

Le trecce nere di...Carla




Vorrei incapricciarmi ancora

per quelle trecce lunghe nere

che frustavi attorno fiera

mi sorridevi per sfida, ch'eri

più maschia d'una amazzone vera

e non mi desti mai un bacio, oltre una sera.

lunedì 3 settembre 2012

Sollevando il bordo della pagina



Sollevo lentamente il bordo di questa pagina

come alzerei piano un lembo della tua camicia

perché vorrei e non vorrei, avessi letto i versi

per tardare, continuare ancora a fantasticare

su quanto davvero, alfine, li avrai graditi

se tanto, quanto io godrei, nello scoprirti nuda.

Afrodite




Sogno sempre, col mio respiro

di carezzarti il viso

e i tuoi sussurri, scorrere sul mio.

Nutrire col tuo odore le mie voglie

stringere con le dita tremanti

le tue mani calde, bianche.

Aspettare, impaziente

le tue umide labbra trovino le mie

in un bacio dolce, sapiente.


venerdì 31 agosto 2012

Lieto evento


NOMSA MAKONA (ZW00801291)



Mi è nata con la posta, appena stamattina

e già mi guarda incerta, incuriosita

il mento nel petto e un poco insospettita

con quelle perle nere lustre conficcate

nello smagliante bianco madreperla

nel viso bruno, ognuna pare una stella.

Un vestitino vecchio, certo non suo

e braghe troppo lunghe, venute di lontano

calza scarpe slacciate, grandi, d'altri mondi

a segnare distanze che non son mai grandi.

M'immagino cammini vispa speranzosa

come una mini Charlot caracollante

in abito da dignitoso mendicante, così

la stringo nel cuore commosso, affezionato

spero vada verso un orizzonte alfine chiaro.

Ci metto una briccica, per vederlo realizzato.




mercoledì 29 agosto 2012

Arabeschi d'oro con le mani




Alzato il silenzio

sul talamo d'affetti

che talvolta testimonia

giocosa allegria sensuale

ci sospiriamo ardore sulla bocca

le labbra si carezzano, mimano morsi

stretti nell'abbraccio i corpi cercano

a memoria, erotiche parti di contatto.

Le mani contano i pori della pelle

lente scendono a ricamare con le dita

lievi arabeschi d'oro, sui nostri sessi.

lunedì 27 agosto 2012

Quando tra i tuoi fianchi






Quando tra i tuoi fianchi

trovai la calma che cercavo

mi dissi alfine son giunto

ma già era ora di andare.

Non mi bastò e ancora

non mi basta solo godere

ho sempre una voglia feroce

di sapere, provare cosa soffre

chi sempre fruga nuove strade

ignote come e dove finiranno

la schiena si curva, la vita è cercare.



sabato 25 agosto 2012

A chi canta il poeta di ora




Ha senso quel che scrivo

in questo tempo forsennato

o è solo pratica omeopatica

come un libro da strenna

che brilla soltanto per la copertina.

Se a quelli che hanno meno fiato

il mio canto arriva flebile, superfluo

a chi sto partecipando il mio sentire

e che ne farà chi non ha udito?

Appena un verso, anche uno solo

vorrei cadesse e solo per un giorno

intra di quei” che come me sperano

che il mondo diventi un posto condiviso

dove liberi pensare un vivere felice

e tutti vivere felici di sognare.

mercoledì 22 agosto 2012

Ama le gerbere, perdutamente


Sono comunissime, le Gerbere e, forse, lo sono sempre state, ma danno l'impressione di aver invaso questo paese, ad un certo momento, forse per motivi commerciali, come è avvenuto con i tulipani. Nella coltivazione in campo aperto, ma anche in serra, come per i tulipani appunto, sono uno spettacolo cromatico mozzafiato: colori e toni, quasi infiniti; e quella apparente perfezione della forma, tutte uguali, bellissime da sembrare finte, più di quelle finte, che insieme al fatto di non profumare, le fanno sembrare aliene.
Poteva avere tredici anni.
Era venuta su con l'acre odore dell'unghia bruciata nelle narici, suo padre faceva il maniscalco, e la famiglia alloggiava nel retrobottega: d'inverno era utile il calore emanato dalla forgia. Sin da piccolissima, esibì una peculiare mania: odorare tutto, fiori e altro, seguendo col naso all'aria, ogni profumo che si spargeva intorno o che il vento le portava.
Era affetta da una non grave forma della sindrome di Down, e la tipica fisionomia non era eclatante, quindi Serafina poté, nonostante l'imbarazzo mai ammesso dai suoi, crescere nella comunità, accettata senza tanti limiti, che ne aveva, naturalmente.
In quel tempo, sue padre assunse un garzone, un ragazzo magro con la fisionomia mongola, figlio di parenti alla lontana, con dei limiti intellettivi, anche lui, ma perfettamente in grado di fare lavori manuali, anche non semplicissimi. Aveva circa diciotto anni e come noto, quando ci sia quella sindrome, possono sembrare infantili anche se adulti. Lui, al contrario, sembrava troppo adulto, per l'età che aveva e gli insegnarono a radersi spesso, per apparire più giovane. Usava una lozione dopobarba profumatissima.
Questo fu un irresistibile invito per il naso di Serafina. Difatti non perdeva occasione per annusarlo, ridendone con lui e i genitori della ragazzina, trovarono la compagnia di Giacomino, sempre diminutivi per queste anime, utile alla crescita più equilibrata per lei, che non aveva fratelli né amicizie infantili. Nei rari momenti di pausa di lui, giocavano rumorosamente anche a dispetto dei richiami dei genitori di lei. Giochi infantili, fraterni, si dissero.
Una mattina Giacomino portò a Serafina una gerbera viola, strappata dal giardinetto di sua madre, e siccome lei l'annusò facendo una espressione delusa, lui trasse di tasca la boccetta del dopobarba che portava sempre con se e ne fece cadere alcune gocce sulla corolla del fiore. Lei corse via estasiata. L'interazione divenne sempre più stretta, lui si tratteneva oltre l'orario di lavoro. Andavano a sedersi sotto un grande fico a chiacchierare.
Ad un anno di distanza, la madre di Serafina, di ritorno dall'ambulatorio dove periodicamente la portava per i controlli, sconvolta e con gli occhi gonfi di un evidente lunghissimo pianto, condusse il marito sotto la ficaia e gli rivelò quello che il medico le aveva rivelato: Serafina era incinta. L'uomo, fuori di se, con il manico di un badile, ridusse Giacomino un ecce homo e lui, senza capire, si lasciò picchiare a sangue. Lasciò la bottega solo spinto via dalla madre della ragazza, che temeva il peggio.
Con l'allontanamento di Giacomino, Serafina ebbe un crollo nervoso, andò in paranoia, abortì e fu presto impossibile tenerla a casa. Venne ricoverata in un istituto apposito.
Ora passeggia nella calma dei farmaci, lungo i cortili di quella grande villa ottocentesca destinata a nosocomio. Stringe sempre in mano una gerbera finta color viola, sulla cui corolla tenta di far cadere inesistenti gocce di dopobarba da quella boccetta che lui le aveva regalato. L'annusa e sorride...sorride...sorride

martedì 21 agosto 2012

Ua vita abbottonata


Abbottono sempre più stretta, questa vita
intorno all'anima da tanto infreddolita
che ogni sogno s'è spento nel cam(m)ino
da quando i primi inverni attraversati
consumarono il ceppo di speranze preparato.
Di gelo in gelo s'è fatta dura la corteccia
il vento dei patimenti arriva meno forte
e fo come la mareggiata con gli scogli
sormonto, sommergo, e corro verso riva
per spegnermi in una pace che viene naturale.
Tengo strette quelle rare infime emozioni
che, alle volte, baluginano d'improvviso e
apro appena un lembo del pastrano
mi rischiaro dentro, anche solo un tanto
quanto vale la pena, per non voler morire.


lunedì 20 agosto 2012

Ci conto (tu che non sei viva)


Se mi desto spaventato
sorridimi
se abbasso gli occhi
guardami
se fisso altrove, verso nulla
baciami
se appaio assorto
toccami
se impallidisco e tremo
abbracciami
se parrà che voglia andare
trattienimi
se metto in fila i ricordi per contarli
portami via.

venerdì 10 agosto 2012

La vecchia panchina al belvedere


La volta grigia del cielo, specchiandosi sul mare, gli regala quel tono di blu piombo, che esalta i pennacchi di spuma bianca, quando si arrampicano sulla cresta delle onde, spandendosi poi sulla riva acciottolata e contro la scogliera. Pare abbia un profumo diverso, il mare, quando è grigio, più salmastro, forse a causa della maggiore umidità sospesa, è più...marittimo. Lo sanno i tamerici, che ne bevono, nelle notti d'estate, e lo rendono in gocce, il mattino dopo, con un sentore in più, di resina.
I cespugli colorati di oleandro, ci si bagnano e mantengono il fogliame sempreverde.
Eppoi fa meglio tempesta, quando è grigio. Onda su onda si avventa verso riva, con quella espressione di forza che non s'acquieta, per un bel po'.
In quel posto ameno, che tanti anni fa era uno spiazzo “belvedere”, c'è ancora una vecchia panchina di cemento, in parte diroccata, che mostra ancora i segni di chi volle porvela: un bracciolo in forma di fascio littorio.
Lei ci veniva spesso a sedersi, verso sera.
Aveva quasi sessant'anni, i capelli e gli occhi grigi, come quando il mare e il cielo sono grigi. E doveva essere stata bionda, per via della pelle chiara. Le rughe del viso e del collo mostravano più le sofferenza che età.
Parlava tra sé e sé, sottovoce, di quella volta che poco più che bambina, venne aggredita e violentata da due militari di colore. Di quelli delle truppe di “liberazione”, che scorrazzavano liberamente e prepotentemente per la provincia.
Ne nacque Azzurra, perché pur con l'epidermide scura, aveva gli occhi azzurri. Non crebbe bene, scappo di casa giovanissima e di lei non si è saputo più nulla.
Lei veniva qui, dove decise il nome, guardando il mare, mentre era incinta. E guardava ancora il mare, in attesa.
Rari gabbiani tentano un'ultima pescata, accompagnando il rovesciarsi delle onde, mentre come ad un segnale, prendono a volare verso il molo e i docks, dove riparano per passar la notte.
Il vento scompiglia i sottili rami pendenti dei tamerici, frusciano le foglie dell'oleandro attraversate dalla brezza, ora si sente meglio il fragore delle onde contro gli scogli, come un sommesso rosario recitato da un gigante.

mercoledì 1 agosto 2012

D'estate, un vestito bianco per Viola


Nella campagna i fiori, a primavera

sono di contraltare al firmamento

brillando di colori fino a sera

fanno della natura un gran portento.

Viene l'estate, com'è naturale

a coronare quella lor funzione

dallo sfiorire a morire al seminare

così paiono bige, smorte, le colline

d' un cielo che si va a rannuvolare.

Ora il giallo delle messi tutto indora

le crete arse sempre esposte al sole

vedono rondini e rondoni volarci a frotte

son bordati di arbusti verdi ripidi fossi

perché bevono la rugiada della notte.

Ansima il falco e fa ombrello al nido

tiene d'occhio però la tana dell'arvicola

pronti gli artigli e subito ci vola

la branca stretta e il piccolo avrà cibo.

Il raccolto, quest'anno, è andato bene

rende più facile far fronte ad ogni cosa

ci saranno denari per fare quella spesa

il vestito bianco di Viola, che va sposa.




martedì 31 luglio 2012

Le onde di Hokusai






Quando ghermisce feroce la paura

con gli artigli dell'onde di Hokusai

affoga l'ansia d'essere sempre inutile

se un approdo all'anima non dai.

Forse lo troverai in un amor da vivere

rubandolo alla sorte che ti è ostile

aprendo il cuore senza più reprimere

gli slanci che vieppiù vogliono sortire.

lunedì 30 luglio 2012

Parodia del Cantico





Altissimu, onnipotente, bon Indebitamento, poiché vissi sopra mie miserrime risorse et possibilitate, tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione. Ad te solo, Altissimo, se konfàno et nullu homo ène dignu te mentovare. Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate spred, lo qual’è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu è variante, de te, Altissimo, porta significatione. Laudato si’, mi’ Signore, per sora spesa pubblica et prebende, in civis l’ài formate clarite et pretiose et belle. Laudato si’, mi’ Signore, per frate licenziamento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, cum adatto precariato a le tue creature dai sustentamento. Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua pubblica, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta. Laudato si’, mi Signore, per frate acciaio tarantino, per lo quale ennallumini la nocte, et ello è bello et iocundo et robustoso et forte, per lo quale avranno infirmitate et tribulatione. Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre inquinatissima terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi transegenicis et herba cannabis caritatis. Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore, et sostengono esodamento et niuna mercede et pensione. Beati quelli ke 'l sosterrano in pace, ka da te, Altissimo, sirano obbligatus reddere debita. Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò skappare: guai a cquelli ke morrano ne le peccata mortali, ne' la vita stentato et poco consumato; beati quelli ke trovarà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda no 'l farrà male. Laudate et benedicete mi’ Signore' et ringratiate et serviateli cum grande humilitate.

(scusare i passi in latinorum)



venerdì 27 luglio 2012

La via giusta, una crepa




Resto, e non sento mai minaccia

solo un salire e scendere dell'onda

ch'è forte o lieve come fosse viva

mano di padre o madre, che trascina

su per la battigia, su dall'aspra riva.

Acciottola le asperità della mia psiche

come a farla liscia, polita: ora ci penso

ed il vero perché, non saprei dire.

Un destino sempre si prepara

non si legge facilmente tra le righe

solo barlumi quelli che ti giungono

tutto da decifrare camminando, intanto

cenni soltanto di un confine scuro.

Vada il lavorio al suo compimento

che alla fine spetta a te soltanto

scegliere tra le tante, la crepa giusta

per attraversar lesto quel muro.

Viaggiare, così...



Faccio viaggi d'andata, mai ritorno

senza distanza, che deve essere tanta

anche per arrivare solo alla stazione.

Uno scompartimento vuoto

per non fumatori, sebbene

sappia di fumo rancido nascosto.

Mi scelgo il sedile al finestrino

guardo il paesaggio grigio d'un mattino:

uno sale, uno scende, uno saluta

un piccione picchia dalla pensilina

la bambina di mano scappa alla madre

che urla come cadesse giù la ghigliottina.

Rumore di soffio e sbattere di porte

un trillo, il treno lento muove al tempo giusto

lo sguardo segue il convoglio che si perde

io resto, mi giro, anche oggi vado...

viaggiando in nessun posto.


Intorno a scarpe di effimeri principi






Dacché il nuovo apre il mattino

e son buttate via le scarpe grosse

che ne è stato del cervello fino?

non il gelido genio da laboratorio

quello, che per trarti dal tino della vita

rimedia a gran problemi, con pochino.

Prese queste, leggere, morbide, lucenti

che fanno camminare sul velluto

di cui son fatte solo le vie regie

pare potresti andare tra la gente

che basti niente per essere importante.

Ci sono ancora strade acciottolate

di sassi acuminati, impolverate

sulle quali pure devi camminare

e non son suole quelle, per durare.

Sono vacui miraggi i tappeti rossi

ai quali fanno ala tanti speranzosi

ad ammirare, celebrare, d'altri la scena

ostentando gioia meramente finta

nascondere a tutti e senza grinta

quanto gli morda l'anima, la pena.

lunedì 23 luglio 2012

la bellezza del ritorno




E un bel mattino

l'ultimo

sarò più vecchio e saggio

per poter capire

che se ci fu dolore

nel vivere ogni giorno

e la felicità era solo contorno

è alla bellezza

sempre intravista lampeggiare

nell'estasi di un sogno

o in limine del sonno

che farò ritorno.




Il cielo dalla spiaggia






È là, in un grembo che non scelsi

che tutto è cominciato.

Forse fui una speranza oppure un caso

il fato m'ha portato, con la scatola nera:

tutto registrato. S'è visto poi, col tempo,

quel che c'era, quanto era viscerale

rigettato col tempo goccia a goccia

appena assorbito il cordone ombelicale.

E, se ci fu una fiaba in cantilena

dove cupi orchi e lupi affrescavano la scena

appresi presto che non avevano colpe

ebbi cuore d'agnello, non di volpe.

Non risolsi tener divisi i cieli

quelli interiori, che quelli fuori

s'impongono a priori, se non sai

reggerti sicuro sui due piedi.

Non ci poté essere un daccapo

che mai caddi davvero sulla faccia

trovai aiuto da mano che non schiaccia

e ha dipinto con me, lasciandomi il ricordo

la volta del cielo, dalla spiaggia.

sabato 21 luglio 2012

Se il pane è solo crosta



Quando la vita è portare un giogo

di quotidiani stenti e afflizioni

l'amore solo pausa

tra tempi di paura e tribolazioni

distilla fiele il cuore

s'arma la mano con getti di fuoco

spuntano serpi velenose nei capelli

con fauci aguzze si sbranano i fratelli.

venerdì 20 luglio 2012

Tracce




Complice la scelta di star solo
nella noia della mente giaccio
ed esibisco un ozio esagerato
come fa la belva nella gabbia
per smentire le lodi del guardiano
e disilludere i visitatori dello zoo.
Gli occhi fissi addosso
caricano la vita d'un robusto peso
che appassisce la luce dello sguardo
corroso dal cercare ciò che non conosco.
Così, si ficcano neri pensieri nella veglia
ricordando strade ormai percorse
senza averle neppure sbucciate
dalla cute polverosa che racconta
di quanti passi l'hanno calpestata
e dei miei che non lasciano traccia.

lunedì 9 luglio 2012

seimilaseicentotrentanove


tante volte è citato nell'antico libro
e nessuno che l'abbia mai veduto
qualcuno – si dice – l'abbia sentito
a imporre quelle leggi per amarlo
seppur non si sappia se ha mai riso o pianto
ha credito d'amore per noi in ogni campo.
Solo due su dieci, son di passione attiva
e l'accettiamo genuflessi, per credenza
verso la sua misteriosa trascendenza
verso la nostra onorabile ascendenza.
È in cielo, in terra, in ogni luogo, e intanto
non si sa se asciugò, di sua mano
a qualcheduno, il pianto.


Un'elemosina



Salgo il sentiero nel bosco
ai luoghi più alti, distanti, solitari
e quando raggiungo il fresco dei castagni
sento la brezza insinuare i sandali
accarezzarmi i piedi di sollievo.
La stessa che mi spazza dal sudore il capo
fruga le rughe agli angoli degli occhi
che contano i passaggi della vita.
Allora tengo stretti al fianco quei pensieri
che mastico quando vo salendo a riva
con cura, come tenere al braccio l'amata
della quale ora sono forse il surrogato
da quando ho perso la felice goliardia
d'assaporare anche frutti acerbi, solo
schiacciandoli al palato per sola bramosia.
Vorrei intingerli – i pensieri – in quell'inchiostro
che nella mente ogni giorno freme
ma la penna alla bisogna non m'assiste
s'inceppa, s'impunta, prende solo una goccia
come un soldo cade nella mano, sulla porta.

Raccontando_mi




Chiusi le imposte
e scesi nell'ombra quieta della stanza
il mondo amico mio e, fuori
grovigli spinosi, in lontananza.
Quando era lo strappare baci
la spesa maggiore d'ogni giorno
mi rincantucciai
che sempre mi spauriva
essere incalzato ad affrontar la vita.
Ci trovai mondi sconosciuti ai più
di cui cantavo a disattente orecchie
erano scene di altrove, oltre le finestre
che s'affacciavano, domestiche, sul borgo.

giovedì 5 luglio 2012

Ho perso le spine



Se ho perso le spine
issate per tener lontani
i tormenti del cuore
coi sospiri più frequenti dei battiti
e il giorno
sempre più affollato di pensieri
ora sono indifeso
e batte lento, alle volte par che spiri
però conta ancora le inquietudini
cavalcare i sogni
che mi visitano la notte
con le stesse domande
senza darmi ancora le risposte.

domenica 24 giugno 2012

Il Po di Cristina Finotto



Aleggia una melica nel delta
quando scende calma la corrente al mare
nel caldo dolce fiato d'una voce
che dall'argine ne fa placare la foga
suonando le canne e il falasco delle rive.
Fiume ammansito dai versi amorosi
dagli sguardi lampo che fissano momenti
la sua “cantora” lo scioglie dei gorghi
guardandolo fluire lento all'infinito
nel sua grande letto rincalzato a mano.
L'ama anche quando, potente
pieno di forza apre nuovi specchi
nella bassa alluvionale e quando esausto
si ritira, lasciando effimeri romantici laghetti
buoni per pesche copiose e lidi nascosti
per nidi di sgargianti volatili di passo.
Ci ama quell'opera dell'uomo
che qui da secoli ha realizzato un sogno
un mondo strappato ai miasmi paludosi
consegnando terre ubertose e forti
a farsi grembo di pane per le genti.



sabato 23 giugno 2012

Sogni per sempre



Da sempre nutro i miei sogni
pei pascoli stagionali della vita
ubertosi e verdeggianti, i primi
e via via più difficili, meno fecondi
desertici e secchi, alle volte.
Ma brezze roride di senso
come piogge autunnali
rinverdiscono a tratti ogni pensiero
e quindi riprendo ratto a volare
portando l'anima in alto
nell'infinito blu dell'emozione
e con lo stesso brivido schiantare giù
nella voragine del mare
in quel buio irreale che nasconde
la fucina dell'esistenza
per continuare a vivere, ancora.

mercoledì 20 giugno 2012

Al mio primo maestro M.Cucchi (a sua insaputa)



Mi disse con l'autorità d'un vero vate
di quei che con alloro e altre fronde
si pettinano il capo e meritano prebende
che ognora troppo indugiavo nel rimare
in pene dell'anima e del cuore
tanto che giungeva solo quel rumore
che invero la poesia senso ha da cantare
narrare comunicare alfin dipingere
e men che mai di se, soltanto piangere.

Non lo nego, mi ferì la locuzione
di forza la sposai con l'intenzione
di tenerne conto come una lezione
e darmi nel futuro un'occasione
per comunicare soltanto l'emozione
riconoscibile da molte più persone.

Non so se son riuscito nell'impresa
se ho separato a dovere la lana dalla seta
e se chi mi tenne quella lectio magistralis
capitasse tra le righe che da allora scrivo
amerei dicesse s'è valso quel che disse
anche un libero no, che forse a quel destino
l'anima mia d'essere così, mi crocefisse.

lunedì 18 giugno 2012

Signora Fortuna



Ora son crepe, le mie labbra secche
per aver gridato tanto
sospirato forte ogni momento
di poggiarle sulle tue, un po' soltanto.
Fui canapo e non passai la cruna
non era scelta, forse non ho dote alcuna
di quelle che apparecchiano la vita.
Ma ancora non mi arrendo e sogno
sfogliarti le pantofole dai piedi
carezzarmi il viso a lungo
coi lembi della camicia fina
inebriarmi al tocco della pelle con le dita
e sommesso, sussurrare, vienimi in vita.

venerdì 15 giugno 2012

Le "seghe mentali"


Non è una locuzione mia, pare sia di gergo genovese, usata, prosaicamente, in psicologia e tradotta nel lessico dialettale di molte regioni in “cazzate”, “minchiate”, ecc.
Pare ce ne siano, fondamentalmente, di due specie: quelle positive e quelle negative.
Sono una persona comune, quindi non posso che esserne succube anch'io, in qualche misura, come pare lo siano tutti. Parlerò delle mie, naturalmente.
Cominciai a farmele (non trovo termine più esaustivo) sin da piccolo, nel considerare andare a scuola, una assoluta ingiustizia esistenziale. Costrittiva e coercitiva della libertà personale, inutile sotto l'aspetto pratico, talché ne fui da subito un frequentatore melenso. Ritenevo che iniziare col fare il garzone del fornaio, del falegname, del meccanico...ecc., fosse il miglior viatico per diventare “grande”, il resto l'avrei imparando cammin facendo. Poi i calzoni si fecero sempre più corti, stretti no: te li confezionavano a futura crescenza; e cominciai a farmi quella che un mestiere valeva un altro, che le professioni erano fatte per chi non aveva voglia di sporcarsi le mani o poco coraggio per ribellarsi ai genitori che costringevano ad andare a scuola. E la prima volta, sempre colpa delle donne, che affrontai una di un giro che non era il mio, sbattei il grugno contro un lessico che non capivo e che lei usava scioltamente e senza farlo pesare. Cavolo! qui cominciai a farmi la prima “positiva”: mi misi in testa che era fondamentale essere colto. Presi a leggere qualsiasi cosa, quasi spasmodicamente, sapete come quando si dice “leggere anche l'elenco telefonico”, facendomi una testa tanto, con cognizioni le più disparate, senza disciplina o finalità specifica. Qualcosa mi restava e cominciai ad apprezzare il fatto di sapere, qualcosa, almeno. Ma intanto, senza neanche accorgermene, mi stavo facendo una di quelle “cattive”. Elucubravo, sempre più, sulla mia inadeguatezza al consesso sociale, colpevolizzandomi per la mancata capacità di impegno, condannandomi – senza appello – ad una mia impossibilità di essere altro da quello che mi trovavo ad essere al momento: insoddisfatto, sempre. Però sognavo – e sogno – oh...si! questo si. Era ed è, un farmaco portentoso e sotto un certo aspetto, poteva e può ancora essere, una di quelle positive, visto che inventavo e invento, progettavo e progetto ma, diventava presto “negativa” dato che prevalentemente, aspettavo accadesse qualcosa che io, ci risiamo, non trovavo la forza di determinare.
Ora, credo di farmene una positiva: scrivo “poesie” e “brevi racconti”, come questo e, per adesso, godo, come il classico porco.

giovedì 7 giugno 2012

Voglia di tenerezza




Preso dagli occhi la luce calma, serena
perso nel cavo delle braccia bianche, lisce
poggiavo al seno turgido caldo, le gote
le labbra ai capezzoli, ammiccanti
un serafico orizzonte che quietava
le mie infantili paure d'abbandono.
Allo stesso modo
in questo tempo che mi porta a sera
in tutta te cerco rifugio
sotto lo sguardo dolce un po' sognante
placa quell'ansia questo tuo sembiante
senza negare il tempo che trascorre
fiero di matura beltà, resta abbondante.
Di baci e di carezze ancor ci bea
mi scioglie sorrisi che speravo appena.

Pensieri come foglie



Anche fossero i pensieri
come le foglie al ramo
in attesa di cadere nel vento
che le posa altrove
a farsi pane per i giorni da venire
vorrei averne mille e ancora
mille perderne ogni ora
per godere il brivido dell'attesa
della speranza, della perdita
che sempre incombe ignota.

martedì 5 giugno 2012

Dal tuo abbraccio



Dal tuo abbraccio di brace
unico a tenermi avvinto
a questa inezia di vita
dove brucio desideri e sogni
e non trovo il giusto passo
per vivere come si conviene
mi scioglierà la morte
che non sa che l'amo
perché mi prenderà
senza domandare.

Basta una lucerna


Vieni quieta
notte di prima estate
siediti sulle mie palpebre arrossate
che non sanno chiudersi.
Sussurrami ancora
quella vecchia nenia che conosco
e non ricordo più se non col cuore
così che possa assopirmi
dimenticando il giorno che mi cerca
coi suoi fantasmi luccicanti
e mi ferisce gli occhi
accecandoli.
Per vedere la mia pena
basta una lucerna.

lunedì 28 maggio 2012

Dell'ombra




Mi sono caricato l'ombra sulle spalle
cercando di percorrere strade lastricate
ma ho trovato viottoli, per lo più sconnessi
semplici tratturi del vivere contiguo
a quella vita che avrei voluto e
che non è mai stata.
Tuttavia bordure fiorite esibivano
una bellezza semplice, per molti arcana
ad allietare lo spirito di chi sapesse leggere
quanto è vasta la speme, seppur kafkiano il vivere.

Cercare & cercare

Non lo trovo in cielo, in terra, in nessun altro luogo.
C'è la paura ancestrale irrefrenabile del mistero dell'esistenza.
C'è il desiderio continuo, ansioso, infinito di esorcizzarla.
Per vivere.

lunedì 21 maggio 2012

Quando è sera



Da formica raccolgo
e porto nella tana della memoria
“pizzini” di pensieri, di parole
che, forse, mai rileggerò
o che nessuno lo vorrà mai fare.
Sono minime, intime emozioni
folate d'una brezza mia speciale
che senza freno sempre m'accarezza.
Un brusio di foglie nel vento
intorno a rami posatoio
in coro al chiacchiericcio dei passeri
quando è sera.
Il garrulo verso dei monelli in strada
che sfuggono ai berci
delle madri da troppe cose affannate.
Un coro sommesso di chiesa
che per lo più mi trova alieno
eppure mi tocca e m'addolcisce
come è dolce lo snocciolarsi
del rosario
quando è sera.

Viene di rado


S'asciuga appena
del bagno appena fatto
mentre leziosa s'avvicina al letto
tintinnano giocosi gli anelli alle caviglie
mentre si scosta un lembo del lenzuolo
così intravedo il fior delle mie voglie.
Madida s'arrende alle labbra, alle dita
lunga distesa sul blu del mio giaciglio
freme si muove s'accarezza il seno
guarda ride mi chiama in un bisbiglio
m'inebrio ancora del suo odore
e poi...la piglio.


Voglio essere felice



Non mi passa
questa voglia di essere felice
anche se da tanto
sopporto le nubi passare
rosse del fuoco dell'odio che
in qualche parte del mondo
toglie il fiato.
E ascolto attonito l'urlo
che il vento trascina
anche dalla porta accanto
di gente che al dolore
non può che opporre il pianto.
E vedo torri franare
bruni mattoni d'una storia antica
accatastarsi sul cemento
della pazzia del costruir morbosa
cibatasi di suolo cielo acqua
come se ce ne fosse sempre a iosa.
Parrebbe ci si rivolti contro il mondo
lui che è innocente e pasce tutti e tutto
scuote la crosta ha qualche eruzione
quasi un segnale del suo potere intonso.
Fanno patire le ferite imposte
dal fratello al fratello e alla natura
è cotanto uomo ad aver lorde le mani
ingordo rapace di bellezza pura
figlio della terra che lo ha amato
germano di ognuno che sulla stessa vive
pur egli, come noi, da donna nato.
Nell'animo avrà seppur debole una luce
che tanti sanno già alimentare
così spero si canti un coro
seppur come questo flebile e lontano
che lo raggiunga al cuore
prima che la tenebra cali il suo velo
e venga il tempo di non disperare.

mercoledì 16 maggio 2012

Oltre



Stanno certi fiori solitari
nella brughiera della vita
che il vento impietoso scompiglia
ma nulla può sui loro colori
che al sole brillano impudichi.

venerdì 11 maggio 2012

Raccontino in bianco



Aspettami qui che torno, foglio bianco, che non sai aiutarmi. Ho mille cose da dire, raccontare, voglio buttartele in faccia che non ti potrai scansare e, se qualcuna scalfirà appena chi avrà la ventura di leggerle, non preoccuparti, devi soltanto far sì che si veda. Vestirai di un bel nero il tuo eterno bianco, come si conviene allo scritto vero, serio. Caratteri adeguati, studiati da esteti, predeterminati. Il senso lo darò io, che ne sai tu dei patimenti o delle gioie? Conosci i segni, solo segni, cosa dirai se io non li riempio di emozioni? Alcune volte con una goccia di pianto t'ho bagnato, per te non fu gran cosa, che ne sapevi di chi o cosa, l'aveva provocata? Il male è che non so, non posso gridare, altrimenti non starei qui a ticchettare su questa anonima tastiera: segni e simboli che neppure so tutti utilizzare. Vorrei tanto che allagasse la mente una bufera di lemmi, di aggettivi, di tutti quegli strumenti adatti a raccontare, tu certamente li hai visti passare ma, pare, non sia in grado di potermeli suggerire. E allora farò ricorso, come sempre, alla mia fantasia, che non è poca, ma sono carente nella scienza della scrittura, quella cosa che chiamano letteratura. Mi fu sempre ostica, per mia indolente natura, ero affascinato dalle nubi in corsa, dal vento che s'avventava sulle foglie, dai voli degli uccelli, degli insetti, dalla pioggia, come lavacro del male del mondo.

lunedì 7 maggio 2012

Oltre il bruciore delle lacrime



Presto mi sono sentito
un pezzo di pane fuori dalla madia
una squilla che dondola nel campanile
d'una chiesa di campagna, sconsacrata
e allibito, visto asciugarsi il sangue versato
mescolarsi al miele della pace e
tutto diventare altra fortuna, tra le cosce.
Ho immaginato, sognato di poter scrivere
di quella profondità liquida sempre pronta
a debordare dalle ciglia
pur avendo guardato, senza svoglia, i libri
come fossero pozzi pieni di voci
aliene, incomprensibili
impararvi nulla e prendere a spiare
attraverso fessure aperte nei grigi muri
dalle quali soffiava l'esistenza.
Ho rivestito la vita di tanti sogni
che appartenevano solo alla disillusione
pur se, alle volte, sembrava la speranza
di una auspicata desiderata metamorfosi;
e quel pane bagnarsi del sapore di una donna
da far nascere una storia per abbandonare la casa.
Ma non bastò stringersi nei vecchi o nuovi panni
per difendersi dal gelo della mancanza
erano tutte bianche le pagine future e
avrei voluto versare copioso l'inchiostro
perché dicessero di me che ci provavo
nonostante la pioggia battesse le lastre
scatenata dalle bocche cupe delle nubi
e non potei mai pescare un orizzonte accettabile
oltre il bruciore delle lacrime.