domenica 30 settembre 2012

undicisillabe




setoso il crine vellica il mio petto

scende la bocca ad umettar la pelle

ansimo e cresce il battito del cuore

oh! se mi baci così, stavolta muoio.


venerdì 28 settembre 2012

Angiporto


(le pupille verticali)


            Se non viene neanche stasera...vaffa'n...tutti i vagabondi del mondo. Cavolo, mica sono un due di briscola. D'accordo, io ho tentennato un sacco, l'ho fatta lunga perchè non mi piaceva il posto, l'ora, su come arrivarci e specialmente su chi...ehm!...avrebbe sostenuto le spese. Ma avevamo deciso, alla fine, tutto convenuto con reciproca soddisfazione, pareva.

Sai cos'è? È che io mi rivelo facilmente. Si accorgono subito che ho paura delle novità e faccio per un nonnulla, difficoltà. Che sospetto di tutto, che ho incertezze e sempre insisto su richieste di garanzia, impegno, serietà, specialmente per il prosieguo. Loro si scocciano, spesso.

Ora, sono tre sere che vengo qui, dove avevamo detto, a quest'ora del cazzo, in questo posto in fondo al mondo, che puzza di piscio e di pesce marcio, senza sapere neanche com'è. Neppure se ha la coda o no, solo la voce, bassa, gradevole, direi. Ci siamo sentiti nel buio di uno scantinato, in mezzo a tanti altri che si davano da fare. Poi, ad un allarme, un fuggi fuggi generale e l'impegno di vedersi qui. Forse ci sarebbe voluto un po' di tempo per pensare meglio. Vabbè...

Speriamo sia una gradevole sorpresa per entrambi, neanch'io ho chiaramente dato tutte le coordinate su me: ahahahahahah! Mica gli ho detto se ho la coda o no! Ma il bello degli incontri sta anche in questo, no? Oddio, non è che sia sempre andata benissimo, con questo sistema: Ce l'ho anche prese, più d'una volta.

Chissà se sono vere quelle cose di sé che mi ha raccontato. In verità mi sembrano esagerazioni: barche a vela e motoscafi d'altura...isole caraibiche...tropici..., ma dai! Ci vorrebbero sei vite, anzi sette, tutte insomma. Vabbe', si vedrà. Anch'io con quella storia dell'Orient Express... Semmai sarà uno dei tanti incontri di stagione.

Se ci scappa una storia bene, se no...questi vicoli son pieni di randagi per la vita. E c'è sempre un'altra stagione per provarci.

Arriva qualcuno...Oh! Un tipo aitante...ha una bella coda lunga, bella tesa, verticale e a..?.

Ha fatto la spesa, porta un piccione, di quelli di Piazza Duomo, immagino.

Gagliardo. Cominciamo bene. Mi piace.

Avessi gettato l'ancora...



Avessi gettato l'ancora allora

quando mi parve di stringere

tra le braccia il mondo

quando nulla poteva accadere

ch'era del mio colore tutto intorno.

Invece presi l'agio di percorrere

facili rotte in lungo, largo in tondo

per riempire giorni sempre corti

sentendo l'ansia di non vivere profondo.

Ora ad ogni vela o fiocco lacerato

provo a tornare alla cala di partenza

per nostalgia d'un sogno accarezzato

nell'acqua frescha cheta, in trasparenza.

La bitta al molo è tutta arrugginita

sconnessi i massi dell'approdo avito

la sosta è dura, speravo ingentilita

il vento non è brezza, è più accanito.

Non è più tempo di abbrivare al largo

le forze son scemate, poco il coraggio

un viaggio, forse due, prima che arrivi

il sonno della mente, come un letargo.

mercoledì 19 settembre 2012

Navigare in solitario




Legni seccati, l'albero e'l fasciame

mandano sempre suadente la canzone

di sordi scricchiolii e di tensione

ad ogni folata che il maestrale

soffia teso e forte sulla vela

facendo andar la barca di bolina.

Prendere il largo al meglio

nell'aria fredda pulita di mattina

la foschia profuma ancora di rugiada

e il sole cerca piano uno spiraglio.

L'acqua che sciaborda alla fiancata

par gorgogliare un saluto e invitare

a dar di drizza e scotta per cazzare

prendere il vento giusto a navigare.

L'animo s'apre al mondo in solitario

che t'entra dentro senza far pressione

cerca negli anfratti del cuore un posto

per snocciolare in pace il suo rosario.

martedì 18 settembre 2012

Una biografia per nulla



Quanta storia in piccoli giorni

ha scritto la mia ansia nella vita

da infantili paure al seno consolate

battiti puerilmente irrefrenabili

in solitari tormenti placati appena.

Esibizioni rituali d'avvenenza

sfoggi giovanili d'abilità e potenza

intorno a gonnelle spesso indifferenti

e pacato poi un rito d'un accasamento.

Emozioni di nascite dai lombi generate

di crescite speranzose a ricchi voli volte

progetti e contrasti partenze e ritorni

e calme tranquille sere in riva al mare

su orizzonti arancio fregiati in rosso

le grinze indifferenti a percorsi nuovi

la cercata stabilità che si posa pesante

annunciandosi l'avello in pietra grigia

già pronto, predestinato, e così sia.


Eubulide, di striscio




Si prese un po' di vacanza da lei, quando le disse, Sai, non ti amo!

Detto così pareva che l'avesse amato. C'era da crederle? E quando era sincera, al tempo in cui pareva l'avesse amato, oppure adesso che diceva di non amarlo?

Pensò che non l'avesse amato mai ed era in dubbio tra l'essere stato ingannato allora o adesso, che lei, forse, aveva un altro da amare e le mentiva per poterlo lasciare.

Perché crederle ora, in ogni caso, equivaleva ad ammettere che le aveva creduto allora e non gli piaceva l'idea di essere stato imbrogliato o di essersi sbagliato a giudicare i sentimenti di lei che, ora ripensava, non diceva spesso, Ti amo.

Mentre sfogliava l'album delle fotografie di quella storia, molte gli parvero fasulle, come di due che si mettono in posa per far contento l'amico che le scatta e vuol mostrare quanto buona sia la sua macchina fotografica. E, tuttavia, aveva bei ricordi di quei momenti o no? Adesso finiva per non ricordare

Ma la Kodak non mente. Che ne sa delle bugie. Fissa i sorrisi che vede col suo occhio di cristallo e sbatte l'immagine sulla gelatina della pellicola, così com'è.

Chi mai potrà dire se quelli della foto erano sinceri o mentivano. Qualcuno che ha letto di psicologia, potrà dare spiegazioni osservandole le pose e gli atteggiamenti ma, in fondo, non si saprà mai la verità vera.

venerdì 14 settembre 2012

Sangue salmastro




Lungo la costa viveva una popolazione marinaresca, perlopiù di pescatori, che della navigazione marittima aveva, al massimo, frammentarie nozioni trasmesse oralmente dall'ultimo Portolano del Ministero ma, nelle vene, sangue salmastro.

Bisognava prendere il largo nel chiarore metallico di prima che albeggi, per salpare le reti, che la luce solare, rischiarando l'acqua, consentiva a molluschi e crostacei, di raggiungere facilmente e cibarsi dei pesci rimasti imprigionati e morti tra le maglie.

Sempre la bruma, in ogni stagione, gli bagnava il viso, imperlava le ciglia e sopracciglia e i primi raggi tiepidi del sole, cristallizzavano microgrumi di sale su quei peli che luccicavano, come cosparsi di polvere di vetro.

Stava chino a poppa, alla barra, vicino ai comandi del diesel, che borbottando monotono, spingeva il gozzo su e giù per l'onde, fino alle tre miglia dalla riva, dove erano stati calati i "tramagli" per la pescata della notte.

Non amava il mare, nel modo e senso di quelli che lo fanno dalla spiaggia ma, da sempre, era la sua vita. Quasi il suo elemento, anche se non ci si immerse mai per capriccio o divertimento. Per bisogno si e con sicumera, quando c'era da liberare l'elica dalle alghe o qualche rifiuto inciampato durante la navigazione. Era il posto che conosceva meglio di ogni altro al mondo: ci viveva, lavorava e sperava di avere buoni frutti ogni giornata.

Da un bel pezzo, oramai, usciva da solo. Il suo ragazzo, il più giovane che l'aiutava: gli altri avevano scelto di sfacchinare ai moli là nel porto, era caduto in mare affogandoci, una notte di burrasca, nel tentativo di salvare le reti che la mareggiata avrebbe portato via irrimediabilmente.

Gli stringeva il cuore ripensarci e in quelle notti di pesca solitaria, ci parlava, come l'avesse lì a prua, a calare o salpare, rassettare sagole o galleggianti. Come parlava al mare, alla barca, alle creature che accostano, per caso o volontariamente, gli scafi che vanno per mare: gabbiani, procellarie, peschi volanti e quei ladroni birbanti dei delfini, che banchettavano alle sue reti e poi, squittendo, saltavano fuori dall'acqua, davanti alla prua.

"Guarda Nedo...Si, poeroammè! magari fosse qui. C'è rimasta un'aragosta, anche bella, gli è andato di traverso il pesce che ci rubava" o "Facci un segno qui, c'è uno strappo, va riparato - è troppo grande per lasciarlo così".

Beccheggiava la barca, tenuta di prua contro le onde, mentre la fiancata di dritta era inclinata fino a sfiorare col bordo il pelo dell'acqua, per via del peso delle reti intrise d'acqua e pesce che salpava.

"Mare cane! come sei freddo. Almeno dammi un po' di pesce bono, stamattina, così si fa giornata. Ovvai Gloria - il nome della barca e della moglie - tieni botta; s'è quasi finito, si va a casa a bersi un bel ponce al mandarino".

Le reti erano a bordo quando l'alba, da dietro le colline, allungava ormai le dita da terra fino al mare che prendeva tutto il colore del cielo, spandendoselo sulla superficie, come fosse una coperta di seta azzurra.

Il motore s'avviava con due sbuffi neri dallo scarico di fianco; barra a dritta e lento, tranquillo verso riva.

Solcavano veloci a prua, due pinne di delfini. Era da tanto che non succedeva.


martedì 11 settembre 2012

Gli occhi neri di...Carla






Piantavo i miei occhi acuti come spilli

nei suoi, lucida ossidiana, tra le ciglia

e se un sorriso le sfuggiva, senza sicumera

scrollava la testa ricciuta col suo fare arguto

una cascata di capelli faceva un sipario di velluto

e non ci sarebbe stata replica, nella sera.






lunedì 10 settembre 2012

Le trecce nere di...Carla




Vorrei incapricciarmi ancora

per quelle trecce lunghe nere

che frustavi attorno fiera

mi sorridevi per sfida, ch'eri

più maschia d'una amazzone vera

e non mi desti mai un bacio, oltre una sera.

lunedì 3 settembre 2012

Sollevando il bordo della pagina



Sollevo lentamente il bordo di questa pagina

come alzerei piano un lembo della tua camicia

perché vorrei e non vorrei, avessi letto i versi

per tardare, continuare ancora a fantasticare

su quanto davvero, alfine, li avrai graditi

se tanto, quanto io godrei, nello scoprirti nuda.

Afrodite




Sogno sempre, col mio respiro

di carezzarti il viso

e i tuoi sussurri, scorrere sul mio.

Nutrire col tuo odore le mie voglie

stringere con le dita tremanti

le tue mani calde, bianche.

Aspettare, impaziente

le tue umide labbra trovino le mie

in un bacio dolce, sapiente.