domenica 24 giugno 2012

Il Po di Cristina Finotto



Aleggia una melica nel delta
quando scende calma la corrente al mare
nel caldo dolce fiato d'una voce
che dall'argine ne fa placare la foga
suonando le canne e il falasco delle rive.
Fiume ammansito dai versi amorosi
dagli sguardi lampo che fissano momenti
la sua “cantora” lo scioglie dei gorghi
guardandolo fluire lento all'infinito
nel sua grande letto rincalzato a mano.
L'ama anche quando, potente
pieno di forza apre nuovi specchi
nella bassa alluvionale e quando esausto
si ritira, lasciando effimeri romantici laghetti
buoni per pesche copiose e lidi nascosti
per nidi di sgargianti volatili di passo.
Ci ama quell'opera dell'uomo
che qui da secoli ha realizzato un sogno
un mondo strappato ai miasmi paludosi
consegnando terre ubertose e forti
a farsi grembo di pane per le genti.



sabato 23 giugno 2012

Sogni per sempre



Da sempre nutro i miei sogni
pei pascoli stagionali della vita
ubertosi e verdeggianti, i primi
e via via più difficili, meno fecondi
desertici e secchi, alle volte.
Ma brezze roride di senso
come piogge autunnali
rinverdiscono a tratti ogni pensiero
e quindi riprendo ratto a volare
portando l'anima in alto
nell'infinito blu dell'emozione
e con lo stesso brivido schiantare giù
nella voragine del mare
in quel buio irreale che nasconde
la fucina dell'esistenza
per continuare a vivere, ancora.

mercoledì 20 giugno 2012

Al mio primo maestro M.Cucchi (a sua insaputa)



Mi disse con l'autorità d'un vero vate
di quei che con alloro e altre fronde
si pettinano il capo e meritano prebende
che ognora troppo indugiavo nel rimare
in pene dell'anima e del cuore
tanto che giungeva solo quel rumore
che invero la poesia senso ha da cantare
narrare comunicare alfin dipingere
e men che mai di se, soltanto piangere.

Non lo nego, mi ferì la locuzione
di forza la sposai con l'intenzione
di tenerne conto come una lezione
e darmi nel futuro un'occasione
per comunicare soltanto l'emozione
riconoscibile da molte più persone.

Non so se son riuscito nell'impresa
se ho separato a dovere la lana dalla seta
e se chi mi tenne quella lectio magistralis
capitasse tra le righe che da allora scrivo
amerei dicesse s'è valso quel che disse
anche un libero no, che forse a quel destino
l'anima mia d'essere così, mi crocefisse.

lunedì 18 giugno 2012

Signora Fortuna



Ora son crepe, le mie labbra secche
per aver gridato tanto
sospirato forte ogni momento
di poggiarle sulle tue, un po' soltanto.
Fui canapo e non passai la cruna
non era scelta, forse non ho dote alcuna
di quelle che apparecchiano la vita.
Ma ancora non mi arrendo e sogno
sfogliarti le pantofole dai piedi
carezzarmi il viso a lungo
coi lembi della camicia fina
inebriarmi al tocco della pelle con le dita
e sommesso, sussurrare, vienimi in vita.

venerdì 15 giugno 2012

Le "seghe mentali"


Non è una locuzione mia, pare sia di gergo genovese, usata, prosaicamente, in psicologia e tradotta nel lessico dialettale di molte regioni in “cazzate”, “minchiate”, ecc.
Pare ce ne siano, fondamentalmente, di due specie: quelle positive e quelle negative.
Sono una persona comune, quindi non posso che esserne succube anch'io, in qualche misura, come pare lo siano tutti. Parlerò delle mie, naturalmente.
Cominciai a farmele (non trovo termine più esaustivo) sin da piccolo, nel considerare andare a scuola, una assoluta ingiustizia esistenziale. Costrittiva e coercitiva della libertà personale, inutile sotto l'aspetto pratico, talché ne fui da subito un frequentatore melenso. Ritenevo che iniziare col fare il garzone del fornaio, del falegname, del meccanico...ecc., fosse il miglior viatico per diventare “grande”, il resto l'avrei imparando cammin facendo. Poi i calzoni si fecero sempre più corti, stretti no: te li confezionavano a futura crescenza; e cominciai a farmi quella che un mestiere valeva un altro, che le professioni erano fatte per chi non aveva voglia di sporcarsi le mani o poco coraggio per ribellarsi ai genitori che costringevano ad andare a scuola. E la prima volta, sempre colpa delle donne, che affrontai una di un giro che non era il mio, sbattei il grugno contro un lessico che non capivo e che lei usava scioltamente e senza farlo pesare. Cavolo! qui cominciai a farmi la prima “positiva”: mi misi in testa che era fondamentale essere colto. Presi a leggere qualsiasi cosa, quasi spasmodicamente, sapete come quando si dice “leggere anche l'elenco telefonico”, facendomi una testa tanto, con cognizioni le più disparate, senza disciplina o finalità specifica. Qualcosa mi restava e cominciai ad apprezzare il fatto di sapere, qualcosa, almeno. Ma intanto, senza neanche accorgermene, mi stavo facendo una di quelle “cattive”. Elucubravo, sempre più, sulla mia inadeguatezza al consesso sociale, colpevolizzandomi per la mancata capacità di impegno, condannandomi – senza appello – ad una mia impossibilità di essere altro da quello che mi trovavo ad essere al momento: insoddisfatto, sempre. Però sognavo – e sogno – oh...si! questo si. Era ed è, un farmaco portentoso e sotto un certo aspetto, poteva e può ancora essere, una di quelle positive, visto che inventavo e invento, progettavo e progetto ma, diventava presto “negativa” dato che prevalentemente, aspettavo accadesse qualcosa che io, ci risiamo, non trovavo la forza di determinare.
Ora, credo di farmene una positiva: scrivo “poesie” e “brevi racconti”, come questo e, per adesso, godo, come il classico porco.

giovedì 7 giugno 2012

Voglia di tenerezza




Preso dagli occhi la luce calma, serena
perso nel cavo delle braccia bianche, lisce
poggiavo al seno turgido caldo, le gote
le labbra ai capezzoli, ammiccanti
un serafico orizzonte che quietava
le mie infantili paure d'abbandono.
Allo stesso modo
in questo tempo che mi porta a sera
in tutta te cerco rifugio
sotto lo sguardo dolce un po' sognante
placa quell'ansia questo tuo sembiante
senza negare il tempo che trascorre
fiero di matura beltà, resta abbondante.
Di baci e di carezze ancor ci bea
mi scioglie sorrisi che speravo appena.

Pensieri come foglie



Anche fossero i pensieri
come le foglie al ramo
in attesa di cadere nel vento
che le posa altrove
a farsi pane per i giorni da venire
vorrei averne mille e ancora
mille perderne ogni ora
per godere il brivido dell'attesa
della speranza, della perdita
che sempre incombe ignota.

martedì 5 giugno 2012

Dal tuo abbraccio



Dal tuo abbraccio di brace
unico a tenermi avvinto
a questa inezia di vita
dove brucio desideri e sogni
e non trovo il giusto passo
per vivere come si conviene
mi scioglierà la morte
che non sa che l'amo
perché mi prenderà
senza domandare.

Basta una lucerna


Vieni quieta
notte di prima estate
siediti sulle mie palpebre arrossate
che non sanno chiudersi.
Sussurrami ancora
quella vecchia nenia che conosco
e non ricordo più se non col cuore
così che possa assopirmi
dimenticando il giorno che mi cerca
coi suoi fantasmi luccicanti
e mi ferisce gli occhi
accecandoli.
Per vedere la mia pena
basta una lucerna.