mercoledì 20 giugno 2012

Al mio primo maestro M.Cucchi (a sua insaputa)



Mi disse con l'autorità d'un vero vate
di quei che con alloro e altre fronde
si pettinano il capo e meritano prebende
che ognora troppo indugiavo nel rimare
in pene dell'anima e del cuore
tanto che giungeva solo quel rumore
che invero la poesia senso ha da cantare
narrare comunicare alfin dipingere
e men che mai di se, soltanto piangere.

Non lo nego, mi ferì la locuzione
di forza la sposai con l'intenzione
di tenerne conto come una lezione
e darmi nel futuro un'occasione
per comunicare soltanto l'emozione
riconoscibile da molte più persone.

Non so se son riuscito nell'impresa
se ho separato a dovere la lana dalla seta
e se chi mi tenne quella lectio magistralis
capitasse tra le righe che da allora scrivo
amerei dicesse s'è valso quel che disse
anche un libero no, che forse a quel destino
l'anima mia d'essere così, mi crocefisse.

1 commento:

  1. Considerazioni della maturità, in un discorso poetico, che secondo me non poteva che sfociare
    in in empatico messaggio, di intensa levatura...
    Buona serata Bruno, un caro saluto!

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