venerdì 20 aprile 2012

C'è un patto


Uno degli avi ci perse un occhio
servendo lo Stato, là in Crimea
un figlio e il fratello due dita
qui, in una gelida trincea.
A chi seguì, toccò l'Africa Orientale
e perdette la vita, poi
nella steppa siderale.
Tutta una schiatta, come altre mille
ad onorare il debito contratto
con la Madre Patria avita, ereditata
in cambio di fatiche e obbedienza
avrebbe garantito giustizia quiete
un desco e un focolare, in ricompensa.
Tutto scritto, inciso nella pietra
degli Archi dei Sacrari delle Tombe
un patto tra gente seria che non ama
il frastuono delle trombe
bada al concreto e fa grande il mondo.
Mai una rivolta alle volte un fermento
qualche sgomento, qualche debolezza
certe prospettive fanno spavento.
Ora è l'ultimo dei maschi che s'appresta
a lasciare la casa per altrove
legge quel patto ch'è sbiadito alquanto
per via di venti di tragedia ed arroganza
di furti e imbrogli praticati a oltranza.
Partirà di certo con un dubbio dentro
come la pioggia il calcare scioglie
s'è perso il senso di quello ch'era inteso
non v'è certezza che l'onore abbia valore
e la parola data ha perso senso.
Mandano alla guerra per un sacco d'oro
è più apprezzato un duro cinico ceffo
e l'antico decoro pare uno sberleffo.


1 commento:

  1. Cambiano i tempi e si modifica completamente anche la politica che, ormai, del senso di patria e d'equità s'è dimenticata i nomi a favore di illeciti e grosse ruberie...
    Bellissima lirica

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